Cultura e Spettacoli

Andare a "Lezione di libertà" da Giordano Bruno Guerri

Andare a "Lezione di libertà" da Giordano Bruno Guerri

In quel dicembre del 1950, a quattro giorni da Natale, non c'era nessuno a Monticiano, e neppure nel resto dell'orizzonte senese, con quel doppio nome in odore di eresia. Non sai se l'idea è venuta a Ebo o a Gina o tutti e due si sono guardati negli occhi e hanno pensato a quel domenicano fuori rotta finito sul rogo a Campo de' Fiori: Giordano Bruno. Il cognome è quello della mamma, perché a quei tempi non c'era il divorzio. Guerri. Fatto sta che l'alchimia funziona. Giordanobrunoguerri ti viene da pronunciarlo così, tutto insieme, cosa che non accade a tutti, ma a gente che vince i mondiali tipo paolorossi, ma se poi hai fretta o confidenza racchiudi velocemente in tre lettere: Gbg.

La realtà è che mamma Gina lo sapeva. Un ragazzo con quel nome lo puoi anche mandare al catechismo ma non sarà mai uno da processioni. Quando Gbg vede una fila per istinto, battesimo, destino e vocazione subito scantona. Magari si incuriosisce, perché negli anni è capitato, soprattutto per lavoro, come storico o giornalista, ma appena prova a civilizzarsi scatta inesorabile il richiamo della foresta. Non si sceglie di essere un cane sciolto, non addomesticato, è qualcosa che hai nelle viscere e nella parte selvaggia del cervello. Ci convivi, giorno dopo giorno, fino ad invecchiare, fino al punto di mettere su famiglia e apprendere il mestiere di padre, con due figli che ti assomigliano.

Tutto questo ha a che fare con il Gbg intellettuale, con quello che scrive, pensa, fa e maledice da una vita. Quelli come lui non sono facili da etichettare. Non sai dove metterli. Non hanno chiesa, partito, bandiere, luoghi comuni. Sono una schiatta antica che si muoveva tra le linee già ai tempi di Silla o di Giulio Cesare. Non sono né optimates né populares. Sono i protetti della regina Mab che tormentava le notti di Mercuzio, uno dei personaggi più belli di Shakespeare, che muore e sussurra: maledette le vostre due famiglie. Maledette. Avete fatto di me carne per vermi. Gbg non lo trovi nella commedia dell'arte. Non è una maschera. È uno di quei pezzi rari, non replicabile. È il figlio del taverniere che non si riconosce in nessun potere e non ha timore di sfidare i fantasmi che si radunano in alto e in basso, a destra e sinistra e nella mediocrità di ogni centro. Non per vezzo o per orgoglio, ma perché uno che non ha fedi riconosce come centro della propria filosofia la libertà sacra dell'individuo. È da qui che nasce questo saggio. Lezioni di libertà. È la selezione degli articoli, tanti, che Giordano Bruno Guerri ha scritto su questo quotidiano. «Il tema della libertà è quello più a me caro nella vita pubblica come in quella privata, una libertà che va difesa da tutto, anche da pericoli in apparenza non insidiosi, i luoghi comuni e il politicamente corretto. Lo è fin da quando, nell'abissalmente lontano 1984, Indro Montanelli mi dette la possibilità di scrivere sul suo Giornale (Anche se hai scritto quel libro su Malaparte, un dettaglio che gli dava fastidio)».

Tutti, si dice, amano la libertà. Solo che non è vero. La libertà significa scegliere, rischiare, fare i conti giorno dopo giorno con la propria faccia e le proprie responsabilità. La libertà è un fardello e una sfida e fa paura. È più comodo scegliere il pane e rinunciare al resto. È più facile delegare. La libertà è pericolosa quando si allontana dall'individuo e prende forme false grandi e ingombranti. Stato, Nazione, Fede, Classe, Popolo, Proletariato e tutto quello che agli stolti viene facile da scrivere con la maiuscola. Quello che Gbg in questi scritti raccomanda è diffidare di chi in nome del «Maiuscolo» ti dice che l'io non è importante. Ti dice che l'io è egoista. Ecco, è una bufala. L'io non è egoista. È universale.

L'io sei tu.

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