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Fisco, ora il governo è pronto a rottamare gli studi di settore

Il calo delle entrate potrà essere compensato con più fatture elettroniche. L'abolizione riguarderà 740mila professionisti

Fisco, ora il governo è pronto a rottamare gli studi di settore

Verso l'addio agli studi di settore. Con la speranza di coprire l'inevitabile calo delle entrate attraverso un maggiore ricorso alla fatturazione elettronica. È una delle misure «di destra» che il premier Matteo Renzi spera di chiudere in tempi relativamente brevi. Colpo ad effetto, destinato a fare contenti i tanti che si sono ritrovati alle prese con lo strumento di determinazione presuntiva del reddito. Un software determina quanto guadagna una partita Iva o una azienda sulla base del settore in cui opera. Al contribuente resta la scelta se adeguarsi. Spacciato per misura «di dialogo» con il contribuente, negli anni si è rivelato una lente distorta che penalizza i ceti produttivi, considerato uno strumento vagamente ricattatorio da molti contribuenti. La sua abolizione è parziale ma farà contenti molti. Se riguarderà in prima battuta i liberi professionisti - ha calcolato la Cgia di Mestre - quasi 739mila contribuenti saranno «sollevati dal rispettare le disposizioni previste ogni anno dal software del fisco. I titolari di partita Iva a cui sono applicati gli studi di settore - ricorda l'associazione - sono quasi 3.644.000. Di questi, poco più di 802 mila sono liberi professionisti. Sottraendo a questi ultimi le oltre 63mila società costituite da professionisti, i soggetti che saranno interessati sfioreranno le 739.000 unità.La conferma che il governo vuole sbarazzarsi degli studi, amati dai governi di centrosinistra, è arrivata nei giorni scorsi dal viceministro dell'Economia Luigi Casero. «Per favorire un sistema fiscale più semplice durante l'anno interverremo subito sugli studi di settore, è uno strumento che deve essere rivisto in relazione all'evoluzione dei tempi. Riteniamo che per i professionisti, che hanno una contabilità di cassa, ci sia la necessità di intervenire in un solo modo: abolendoli». In altre parole, nei casi in cui è facile documentare incasso e pagamenti, non ci saranno più. In contemporanea arriverà una accelerazione della fatturazione elettronica e le relative comunicazioni periodiche al fisco. Per gli altri è comunque in arrivo una revisione. L'agenzia delle entrate ha già disposto la abolizione di due adempimenti: il modello Ine (indicatori di normalità economica) e il modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi per i contribuenti che hanno cessato l'attività nel corso del periodo d'imposta o che si trovano in liquidazione ordinaria. Per ora l'Agenzia guidata da Rossella Orlandi ha approvato, in largo anticipo, i nuovi modelli. Riguardano 51 studi per il settore delle manifatture; 60 studi per il settore dei servizi; 24 studi per i professionisti; 69 studi per il settore del commercio.In vista dello snellimento, l'Agenzia ha fatto uno screening di come sono andati negli ultimi quattro anni gli studi. La corrispondenza tra modelli e dichiarazioni è andata costantemente peggiorando. Una dichiarazione su tre non centra i parametri di «congruità» (il contribuente è congruo se i ricavi sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio) e più della metà non risponde a quelli di «coerenza» (la coerenza misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore).

Il chiaro segnale che è gli studi sono invecchiati male.

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