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Foibe, la sinistra fugge dalla commemorazione. Vauro choc: propaganda

A Basovizza il Pd lascia mentre interviene Gasparri. Berlusconi: uccisi perché italiani

Foibe, la sinistra fugge dalla commemorazione. Vauro choc: propaganda

L a sinistra perde il pelo, ma non il vizio. La delegazione Pd alla foiba di Basovizza, monumento nazionale sul Carso triestino, se ne è andata sdegnata dalla celebrazione del giorno del Ricordo. Il motivo? Stavano prendendo la parola troppi esponenti del centrodestra che hanno cariche istituzionali. A rincarare la dose ci ha pensato il vignettista Vauro bollando il ricordo delle foibe e dell'esodo come «un volgare e trucido strumento di propaganda sovranista e neofascista».

La spianata davanti alla foiba di Basovizza era piena di gente ieri, fra esuli, cittadini e scolaresche per celebrare il giorno del Ricordo. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D'Incà ha portato il saluto del governo ed erano presenti Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Quando ha cominciato a parlare Maurizio Gasparri, di Forza Italia, in rappresentanza del Senato con delega istituzionale, la pattuglia del Pd se è andata via per protesta. Forse avrà dato fastidio che Gasparri puntasse il dito contro chi, come il Partito comunista, sapeva e ha negato a lungo le foibe. «Ci vollero 35 anni perché Basovizza diventasse monumento nazionale - ha ricordato Gasparri -. Ci vollero 59 anni perché fosse istituito con legge dello Stato il Giorno del ricordo. Quanto ci vorrà perché scompaiano quelle sacche deprecabili di negazionismo militante biasimate giustamente dal presidente Mattarella?».

La delegazione del Pd, composta da Debora Serracchiani, Luigi Zanda, Tatjana Rojc, il vicepresidente del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia Francesco Russo e la segretaria dem di Trieste Laura Famulari, hanno lasciato la cerimonia. Zanda ha denunciato «un eccesso di toni di propaganda da parte di altri, incluso il senatore Gasparri che non era lì per rappresentare la sua parte politica ma l'intero Senato». Serracchiani ha twittato: «Il #GiornodelRicordo deve rimanere una solennità in cui si condivide pietà e giustizia, non un palcoscenico per la destra sovranista». Un assist per Vauro Senesi che si è scatenato: «Concordo con la Serracchiani: La pietà per le vittime non può diventare uno strumento auto-assolutorio o di propaganda becera». Il vignettista per l'occasione trasformato in storico spiega che la colpa è del «progetto fascista di sostituzione etnica, un genocidio». La solita tesi tanto cara ad una bella fetta di sinistra, che giustifica le foibe come reazione al fascismo.

Ieri è sceso in campo anche Silvio Berlusconi, che su Instagram ha scritto: «Non dimentichiamo le vittime delle foibe, coloro che furono condannati ad una morte atroce per la sola colpa di essere italiani e di non volersi assoggettare alla tirannide». E ricordato che fu il suo governo nel 2004, grazie al parlamentare triestino di An, Roberto Menia, ad ottenere dal Parlamento l'istituzione del «Giorno del Ricordo a perenne monito sulle tragiche conseguenze dell'ideologia comunista e del nazionalismo esasperato».

Le alte cariche istituzionali hanno commemorato il 10 febbraio senza se e senza ma. La presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha parlato di «episodi che proseguirono anche dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, potendo quindi essere considerate le più gravi stragi di italiani compiute in tempo di pace». Roberto Fico, presidente della Camera dei deputati, ha ammesso che «gli atti criminali compiuti dalle forze nazifasciste nella Jugoslavia non possono essere in alcun modo considerate quale giustificazione delle atrocità commesse contro gli italiani inermi». Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiesto «ancora una volta scusa per l'oblio che ha inghiottito per decenni questa sciagura nazionale».

Fratelli d'Italia, con Giorgia Meloni, e la Lega hanno colto l'appello del Giornale al capo dello Stato, Sergio Mattarella, di revocare la più alta onorificenza italiana concessa a Josip Broz Tito, mandante delle foibe.

A Strasburgo i due partiti hanno chiesto con un'interrogazione alla Commissione Ue, «se reputi che tale onorificenza sia coerente con i valori ed i principi espressi dal Parlamento europeo».

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