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Fondo Africa e soldi ai Cie gonfiano la legge di bilancio

Per i tecnici la manovra sale a 26,4 miliardi di euro per le «mini spese». Brunetta: lasciano eredità pesanti

Fondo Africa e soldi ai Cie gonfiano la legge di bilancio

Un assalto alla diligenza anticipato. Sottotraccia, nel senso che è il risultato del braccio di ferro tra Pd e governo e dell'attività di lobbying dei singoli ministeri, ma con un effetto immediato nelle cifre macro della legge di Bilancio. I tecnici di Camera e Senato hanno calcolato che la manovra vale 26,4 miliardi di euro, rispetto ai quasi 21 delle prime bozze. Che sono aumentate le spese e che l'aumento dell'Iva non è stato scongiurato. «Gonfiata a dismisura, per effetto dell'assalto alla diligenza fatto dal Partito Democratico a suon di richieste e aggiunte di vario tipo», ha commentato Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia.

Gli esperti rilevano incrementi delle spese per 1,6 miliardi nel 2018, 6,9 miliardi nel 2019 e 4,2 miliardi nel 2020. Aumentano anche le entrate fiscali: 10,7 miliardi nel 2018, 9,1 miliardi nel 2019 e 8,1 miliardi nel 2020.

I tenici, denuncia Brunetta, «hanno rilevato che il Governo ha provveduto a fare una enorme manovra in deficit per via delle maggiori spese stanziate per soddisfare le richieste dei parlamentari di centro-sinistra».

C'è il «bonus cultura diciottenni per 290 milioni di euro per ciascuno degli anni del biennio 2018-2019», si legge nel documento del Parlamento, poi «il rifinanziamento della voce forestali Calabria per 130 milioni di euro» all'anno. Dalla tabella emergono maggiori fondi ai Cie (centri di identificazione ed espulsione degli immigrati) per 50 milioni nel 2018 e 100 nel 2019, 30 e 50 milioni per il Fondo Africa. Poi altre misure settoriali per lo più chieste dai singoli ministeri.

Una finanziaria vecchio stile e molto diversa dalla legge di Bilancio post riforma, che vieta espressamente i micro stanziamenti.

Più in generale, la legge di Bilancio del governo Gentiloni è un'ipoteca sui conti dei prossimi anni e quindi degli esecutivi futuri. Perché l'entità della manovra è destinata a crescere ancora se il Parlamento avrà un minimo di voce in capitolo su temi spinosissimi, pensioni e famiglia per dirne due. Ma soprattutto perché gli aumenti dell'Iva e delle accise scongiurati quest'anno si ripresenteranno dal 2019 con un conto da 12,5 miliardi di euro.

Il conto già salato che potrebbe appesantirsi se alcune delle poste messe a bilancio dalla legge si rivelassero poco solide. Ieri il centro studi Nens (dell'ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, vicino alle posizioni di Massimo D'Alema e Pierluigi Bersani) ha detto che la fatturazione elettronica tra privati è a rischio flop. Perplessità per i «tempi particolarmente stretti previsti per l'entrata in vigore dell'obbligo generalizzato di fatturazione elettronica», che potrebbero compromettere gli obiettivi del governo. Un bis del caos spesometro, insomma.

Ora la manovra è all'esame del Senato. E arrivano le pressioni per allargare ulteriormente i cordoni. Ieri a battere cassa sono stati i comuni. Secondo il sindaco di Milano Giuseppe Sala c'è il rischio che l'amministrazione non riesca ad approvare il bilancio preventivo del 2018.

Lo stesso rischio anche per altre città.

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