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Fonsai, assolto Ligresti jr Da «ricercato» a innocente

Paolo era a processo per aggiotaggio e falso in bilancio, ma «il fatto non sussiste». Era stato accusato di condurre una «latitanza dorata» in Svizzera

Luca FazzoMilano Con l'uscita di scena di Paolo Ligresti, unico figlio maschio dell'Ingegnere, fortemente voluta dalla Procura di Milano (nonché ovviamente dal difensore di fiducia Davide Sangiorgio) ieri prende definitivamente forma la lettura che del crac dell'impero ligrestiano viene data dagli inquirenti milanesi. È una lettura che punta a spostare il fuoco delle responsabilità del dissesto, soprattutto nella fase calante dell'avventura di Fondiaria e Sai, dalla famiglia Ligresti all'universo bancario. Mentre Ligresti junior viene assolto dal giudice preliminare, su richiesta conforme del pm Donata Costa, rischiano di finire a processo le banche che hanno accompagnato (aggravandone le conseguenze, secondo l'accusa) le operazioni degli ultimi anni di Imco e Sinergia, le due scatole che contenevano il pacchetto Fonsai e le altre attività di Ligresti.Il gup ieri assolve Ligresti dall'accusa di falso in bilancio «perché il fatto non sussiste». È una formula pesante, perché smentisce il pezzo principale della ricostruzione che del crac aveva effettuato un'altra Procura, quella di Torino, il presunto «taroccamento» della riserva sinistri messa a bilancio nell'esercizio 2013 di Fonsai. Per quella stessa accusa restano sotto processo nel capoluogo piemontese Salvatore Ligresti e sua figlia Jonella (l'altra figlia Giulia ha patteggiato la pena), ma sarà un processo difficile, visto quanto accaduto ieri a Milano: dove Paolo Ligresti, che era rimasto a lungo in Svizzera sotto l'usbergo della cittadinanza ed era tornato in Italia solo con la garanzia di evitare il carcere, ha ottenuto che venisse trasferito il suo troncone. «Scelta vincente», dice l'avvocato Sangiorgio: perché all'ombra della Madonnina le accuse costruite sotto la Mole si sono liquefatte, e dopo avere chiesto il rinvio a giudizio di Paolo Ligresti la stessa Procura ha sollecitato la sua assoluzione. Tutt'altro lo scenario per le banche che i pm accusano di avere manovrato il management ligrestiano per tutelare la propria esposizione (cresciuta anche in anni in cui il dissesto era prevedibile) nei confronti del gruppo: il prossimo 10 febbraio il gup Elisabetta Meyer, al termine dell'udienza preliminare, si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio di Piergiorgio Peluso, ex direttore del corporate banking di Unicredit, e di altre dodici persone tra cui i membri del vecchio cda, accusati di avere spostato un debito di 150 milioni tra le due holding in modo da garantire alla banca il rientro dall'esposizione e penalizzando così gli altri creditori.

Per non parlare della lettura critica che la procura milanese ha dato dell'operato di Mediobanca nel provvedimento con cui peraltro chiedeva il proscioglimento del suo amministratore delegato Alberto Nagel.

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