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Fontana e Sala, la strana coppia che fa argine contro il populismo

Dalla candidatura olimpica di Milano a Tav e Pedemontana, il governatore (Lega) e il sindaco (Pd) alleati sulle cose concrete

Fontana e Sala, la strana coppia che fa argine contro il populismo

Milano Attenti a quei due. Il governatore nordista e il sindaco della città che non vuole «farsi rompere le palle». Si parlano, si cercano e spesso si trovano Attilio Fontana e Beppe Sala. E questo trovarsi dice qualcosa sul futuro del Paese, oltre che di Milano. Qualcosa che va oltre il «rito ambrosiano» di cui parla Roberto Maroni, cioè la collaborazione pragmatica sulle questioni concrete, al di là del colore politico. Per prima cosa, insieme a un altro campione nordista, il «doge» Luca Zaia, Sala e Fontana hanno messo a punto la candidatura olimpica Milano-Cortina, il blitz che con sponda governativa leghista ha tagliato fuori dai giochi la Torino grillina che cincischiava sul da farsi.

Attenzione: Sala oggi è un laico di sinistra che sull'immigrazione fa l'occhiolino alla sinistra Pd, mentre Fontana è pienamente dentro la nuova Lega del «capitano» Matteo Salvini. Eppure, sulle cose concrete da fare si intendono. E le cose concrete sono molte. Quando a Torino 40mila persone sono scese in piazza per dire «sì Tav», al di qua del Ticino, nel Lombardo-Veneto dunque, l'eco di quella piazza si è tradotto in un «Sì Pedemontana». La Pedemontana veneta, appunto, e quella lombarda, che il ministro Danilo Toninelli ha sostanzialmente bloccato, mentre Fontana vuol mandarla avanti a tutti i costi, anche a costo di farla da sé con un partner privato. Fare da sé: il solo dirlo evoca tutto un mondo. Un mondo in cui si intendono bene l'avvocato varesino Fontana e il manager meneghino Sala, che in Consiglio comunale si è appena schierato per il sì alle grandi opere, con il centrodestra e contro i 5 Stelle, poi sulle chiusure domenicali è sbottato indirizzando al ministro del Lavoro Luigi Di Maio un irriverente «non rompa le palle a Milano». E poco propenso a farsi «rompere» appare anche Fontana. O meglio, molto propenso a far correre la Lombardia, locomotiva di Pil, ricerca e innovazione in Italia. Così mentre il solito Di Maio, in polemica con la Lega, definiva «vintage» i termovalorizzatori, il governatore lo avvisava: «Se pensa che i nostri impianti inquinino, allora devo dire che non accetteremo più i rifiuti del Sud». E intanto un altro leghista, il vice capogruppo Andrea Monti, brianzolo e figlio d'arte, commentava così: «Invidio la pazienza del nostro Presidente, la mia è in riserva».

La pazienza del Nord è agli sgoccioli. L'immobilismo populista a queste latitudini non incanta. «Noi con i grillini facciamo volontariato - scherza in privato un dirigente leghista di Milano - la nostra è una missione». Il governatore non ama il giustizialismo, e vorrebbe misure orientate al lavoro più che all'assistenzialismo.

Sala ha superato le rigidità ideologiche di Giuliano Pisapia, e Fontana mostra di preferire alle stravaganze della decrescita grillina non solo il lavoro con Forza Italia, ma anche il dialogo col sindaco. E se Beppe è diventato l'idolo del «Milanese imbruttito», la pagina che gioca con lo stereotipo del settentrionale-tipo, tutto praticità e pochi fronzoli, Attilio, scelto un anno fa con calcolo azzeccato da Salvini, incarna l'indomita anima leghista insofferente ai sussidi e incline a lavorare da sindacato del Nord, per esempio nella vicenda dei nuovi treni da scucire alla romana Trenitalia, partner di Ferrovie Nord Milano, la partecipata regionale che ha il cuore in piazzale Cadorna.

E c'è chi scommette che se qualcosa farà argine davvero al populismo grillino, nascerà da queste parti.

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