Politica

Adesso Renzi ha paura dell'abbraccio grillino. E torna a trattare col Cav

Forse già oggi la telefonata tra i leader. Boschi: "Il testo andrà avanti"

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante l'inaugurazione dello stabilimento Piaggio Aerospace a Villanova d'Albenga
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi durante l'inaugurazione dello stabilimento Piaggio Aerospace a Villanova d'Albenga

Roma - Scricchiolii e bluff. Accelerazioni e frenate. Ultimatum e penultimatum. Ma anche la volontà di attendere un segnale da parte di Silvio Berlusconi senza inoltrarsi sul terreno scivoloso e costellato di trappole di una alleanza con Beppe Grillo.

Nella nebbia dei segnali di fumo inviati verso M5S, della guerra di nervi, delle millanterie tattiche pronunciate in queste ore e delle sapienti pressioni esercitate dai suoi colonnelli, Matteo Renzi continua ad aspettare un segnale da Arcore, consapevole di poter trattare da una posizione di forza. La convinzione diffusa è che «Berlusconi, incalzato da destra da Matteo Salvini e al centro da noi» non potrà che rimanere «aggrappato al Patto del Nazareno». Per questo la speranza è quella di arrivare a un contatto telefonico nella giornata di oggi per tornare a intavolare una trattativa che possa rispettare le posizioni di tutti.

C'è chi sostiene che le dichiarazioni di questi giorni siano il frutto di una tattica precisa: spingere Forza Italia a dare il via libera al nuovo testo della legge elettorale così da riaccendere nel giro di pochi giorni il motore della riforma al Senato. D'altra parte un conto è sedersi al tavolo e definire i dettagli di un testo già sostanzialmente definito (e approvato alla Camera) altra cosa è azzerare il lavoro fatto finora e inoltrarsi nella selva oscura della nuova alleanza con i grillini, laddove si è già schiantato Pier Luigi Bersani. Insomma il fuoco polemico improvvisamente appiccato in questi giorni dai renziani avrebbe come principale obiettivo quello di imporre una accelerazione, arrivare a definire al più presto i dettagli della legge elettorale e chiudere la partita in Senato, in modo da avere la pistola carica e lo «slot» elettorale buono per andare alle urne, qualora si percepisse l'esaurirsi della spinta propulsiva e lo stemperarsi della luna di miele con l'elettorato, dopo i primi (quasi) nove mesi di governo.

Il problema è trovare una mediazione ragionevole e «rispettosa», individuare quelli che Paolo Romani definisce gli «approfondimenti e assestamenti». I contatti tra Denis Verdini e Lorenzo Guerini non mancano. Sotto traccia si ragiona sul mantenimento dello sbarramento del 5% per i piccoli, o anche sulla revisione della soglia per il ballottaggio visto che, collegata al premio di lista per il primo partito, porterebbe a un premio di maggioranza abnorme. Così come si potrebbero individuare meccanismi tali da rendere impossibile l'immediato ritorno alle urne.

Naturalmente di scontato non c'è nulla. Non è affatto scontato che si riesca a chiudere e qualcuno, dalle parti del Pd, si lascia sfuggire che realisticamente o la modifica della legge elettorale si fa con la «maggioranza» del patto del Nazareno oppure è meglio tornare a votare, magari facendo approvare una legge con soglie di sbarramento basse, tali da consentire al Pd di blindare la propria maggioranza con un accordo (al ribasso) con i centristi. Ma questa è soltanto una subordinata. Perché la via maestra è quella di far ripartire il treno della riforma elettorale, senza sperimentazioni, come spiega in serata la stessa Maria Elena Boschi. «Le polemiche con Fi? La riforma della legge elettorale andrà avanti, sappiamo che rimane una delle urgenze per questo Paese, anzi perché il sistema Paese possa funzionare e ci sia governabilità per chi vince le elezioni.

Credo che in settimana riusciremo a calendarizzare questo argomento al Senato e riprenderemo l'esame».

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