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Francia schiava di Maometto Censura la superstite di Charlie

Non trova acquirenti il film sulla giornalista che scampò alla strage. «Autocensura per le vignette sul Profeta»

Francia schiava di Maometto Censura la superstite di Charlie

In sala un'ovazione. Erano presenti tutti gli acquirenti dei grandi network televisivi francesi. «Commossi, sono andati dal nostro produttore dicendo che si trattava di una pellicola magnifica», racconta il regista Vincent Coen. Poi il silenzio. Come sempre più spesso accade ai lavori in cui di mezzo c'è Maometto. Il copione si ripete anche oggi. La Francia rinnega con l'indifferenza, ignorandola completamente, l'ennesima opera dai toni critici nei confronti dell'islam e che mostra le caricature del Profeta. Stavolta la scure è calata su Rien n'est Pardonné (Niente è perdonato, ndr), il film-documentario dei cineasti belgi Vincent Coen e Guillaume Vandenberghe (coproduzione Savage Film, Eklektik e RTBF). Il titolo rievoca e nega quel Tout est pardonné comparso sulla copertina del settimanale satirico Charlie Hebdo all'indomani della strage del 7 gennaio 2015, in cui gli islamisti trucidarono 12 persone, tra cui metà della redazione che aveva osato disegnare e ridere di Maometto. La pellicola ripercorre la storia simbolica di Zineb El Rhazoui, giornalista e attivista franco-marocchina, sopravvissuta per caso al massacro (era all'estero quel giorno) e diventata da allora la donna più minacciata e protetta di Francia. La sua storia di coraggio e lotta contro «il fascismo islamico», cominciata nel 2011 con la Primavera araba in Marocco, è stata trasmessa in Belgio, Svizzera, Austria, Svezia, Olanda, Norvegia. E approderà presto anche in Germania. Ma a quasi dodici mesi dall'uscita del documentario, nel gennaio 2017, nessuno ne ha ancora comprato i diritti in Francia. La ragione? «Si tratta di una forma di autocensura. Nel film si vedono le vignette di Maometto», ci spiega lapidaria la stessa Zineb, l'esperta di islam che ha ispirato molte delle campagne del settimanale satirico, tra l'altro sceneggiatrice de La Vita di Maometto, il libro a fumetti sul quale per mesi ha lavorato al fianco del direttore Charb massacrato dai terroristi.

Anche il regista Coen, dopo mesi di dubbi, ha trovato un senso a questo misterioso silenzio: «La prima mondiale del film si è svolta proprio in Francia, al Fipa, il festival cinematografico di Biarritz. Lì fu un trionfo - ci spiega - Da allora una sfilza di sì, forse, è complicato, qualcuno che accampa problemi economici. E nessuno che svela le vere motivazioni. A un certo punto ne abbiamo parlato con Plantu, il vignettista di Le Monde, uno dei più noti di Francia, col quale stavamo lavorando a un progetto. Non ha avuto dubbi. Ci ha detto: mi è piaciuto immensamente ma so bene perché il mio Paese lo rifiuta. Mostra le vignette di Maometto e questo per ora non è possibile».

La Francia ha paura. «La paura del pubblico è normale - dice Coen - Per questo abbiamo pensato che le sale cinematografiche non fossero il posto giusto per trasmettere il film. Non è un caso che anche in Belgio il documentario sia andato in onda in tv. La nostra casa di produzione ha capito che presentarlo in sala sarebbe stato davvero pericoloso, che i cinema avrebbero potuto rappresentare un obiettivo per i terroristi. C'erano stati gli attacchi a Charlie Hebdo, al Bataclan, a Bruxelles. Abbiamo pensato fosse più giusto che gli spettatori belgi potessero vederlo in sicurezza, nelle proprie case, facendo in modo tra l'altro che potesse raggiungere anche un pubblico più ampio». Ma in Francia nulla. Nessuna televisione si è ancora fatta avanti. «E questo è meno normale. Il Paese ha subìto uno choc, un trauma che spinge le persone a essere molto prudenti ma che non dovrebbe spingere gli editori e le tv al limite dell'autocensura». Eppure chi tocca Maometto o l'islam rischia. «Anche noi siamo stati minacciati via web quando il film è stato proiettato a Bruxelles. Ma cerchiamo di non pensare ai rischi, anche se restiamo vigili». Prudenti ma ostinati. Proprio come Zineb, che tra il 2011 e il 2016 ha visto morire i suoi amici per mano degli jihadisti e ha assistito dalla sua vita blindata, incinta della prima figlia, agli altri attentati che hanno colpito la Francia. Ma non ha mai smesso di combattere l'ideologia islamista. «L'abbiamo scelta per questo - conclude Coen - Zineb è l'anticliché della donna sottomessa. È la voce della giovinezza del mondo arabo che si è battuta e ha pagato per il suo impegno».

Il film con la sua storia aspetta di trovare un posto in Francia.

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