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Fuga di notizie a orologeria Berlusconi ancora indagato

Il presunto coinvolgimento del Cav nelle stragi del '93 a pochi giorni dal voto in Sicilia. Ira del centrodestra

Fuga di notizie a orologeria Berlusconi ancora indagato

Per la quarta volta si torna ad indagare sul presunto coinvolgimento di Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri nelle stragi mafiose che colpirono Roma, Firenze e Milano nel 1993. E come in passato la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati del leader di Forza Italia e dell'ex senatore attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, arriva a ridosso di una scadenza elettorale importante e nonostante nelle carte i nomi di Berlusconi e Dell'Utri siano segretati.

L'inchiesta è stata riaperta dai pm fiorentini - che già due volte tra il 1996 e il 2011 avevano indagato sugli stessi fatti e poi archiviato, come anche la Procura di Caltanissetta - dopo aver ricevuto dai colleghi di Palermo cinquemila pagine di intercettazioni delle chiacchierate in carcere tra il boss di Cosa Nostra Giuseppe Graviano e un altro detenuto, disposte nell'ambito dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia in cui Graviano in più occasioni avrebbe chiamato in causa il Cavaliere. Sulla base di questi spezzoni di frasi - il cui contesto non è facilmente individuabile, pronunciato per di più da un boss che secondo il legale di Dell'Utri, Giuseppe Di Peri, sapeva di essere intercettato - il gip ha riaperto il fascicolo che era stato archiviato nel 2011, chiedendo alla direzione investigativa antimafia di cercare riscontri. Toccherà ad una nuova perizia stabilire se Graviano nei colloqui si riferisse davvero a Berlusconi e a Forza Italia ed eventualmente quanto quelle confidenze fossero genuine. La difesa degli indagati annuncia battaglia, soprattutto su una delle intercettazioni agli atti, dello scorso 10 aprile, in cui Graviano parla con un compagno di detenzione, il camorrista Umberto Adinolfi: «Novantadue già voleva scendere... e voleva tutto». La Procura ritiene che il boss si riferisse all'ex premier. «Berlusca mi ha chiesto questa cortesia... (...). Ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni.... in Sicilia... Lui voleva scendere... però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa». Per la difesa di Dell'Utri la parola «Berlusca» non sarebbe mai stata pronunciata e sarebbe «frutto di suggestioni da parte del perito e dei consulenti dei pm», come dimostra una consulenza depositata nei giorni scorsi dall'avvocato Di Peri nell'ambito del processo palermitano. Il legale ritiene inoltre che le prove inviate a Firenze non sarebbero genuine perché da alcuni dei colloqui registrati in carcere si capisce che i due sanno bene di essere ascoltati. Ma c'è soprattutto da approfondire la questione della fuga di notizie ad orologeria sulla quale l'avvocato di Berlusconi, Nicolò Ghedini, chiede al ministro della Giustizia Andrea Orlando di fare chiarezza, ricordando che in questa come nelle altre inchieste i nomi dei due politici indagati, per evidenti ragioni, non erano riportati neanche nella richiesta di archiviazione. E se nelle prime indagini erano indicati come «autore 1» e «autore 2», anche negli atti segretissimi con cui il gip di Firenze ha autorizzato la riapertura del fascicolo per riferirsi all'ex premier e all'ex senatore sono stati utilizzati nomi «convenzionali». La tempistica dell'inchiesta non convince Renato Brunetta, presidente dei deputati Fi, che chiede ad Guardasigilli di chiarire.

Mara Carfagna, portavoce del partito, parla del tentativo di «depotenziare l'avversario politico non con un programma di governo serio e credibile ma gettando fango mediatico-giudiziario sul leader di Forza Italia».

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