Politica

Tanti sprechi, poca credibilità: ecco la verità sulla Consulta

Altro che istituzione super partes, pende a sinistra ed è lottizzata da partiti e toghe. Per questa casta niente tagli: al presidente vanno quasi 550mila euro

Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale
Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale

Dovrebbe essere la casa dell'autorevolezza, ma gli italiani la percepiscono come una piccola reggia. Una delle tante della casta. La Corte costituzionale è lottizzata, dai partiti in parlamento e dalle correnti della magistratura, un unicum in Occidente, ha il baricentro spostato a sinistra, come tutte le élite del Paese. Anche per questo non ha la necessaria credibilità. In compenso, stipendi e benefit, anche se non sono più quelli dei tempi d'oro, ricoprono i giudici della Consulta, privilegiati fra i privilegiati. Insomma, la bagarre che si è scatenata in parlamento per occupare due poltrone supreme la dice lunga sul malessere che attraversa una delle istituzioni portanti della Repubblica. Da giorni si va avanti con una girandola di nomi, fra bocciature clamorose, veti e controveti, il tutto in un clima di paralisi irritante. La Consulta è a suo modo uno specchio del Paese malato.

Basti dire che i presidenti da troppo tempo vengono scelti a rotazione, utilizzando il criterio comodo e facile dell'anzianità. Non si sceglie, se c'è, il più carismatico ma si guarda alla carta d'identità e così un po' alla volta si accontentano tutti. Un criterio imbarazzante e però perfettamente oliato: Gaetano Silvestri è stato presidente dal 19 settembre 2013 al 28 giugno di quest'anno. Nove mesi e tanti saluti. Quasi un'eternità rispetto alla presidenza di Giuseppe Tasauro, il suo successore, in carica dal 30 luglio al prossimo 9 novembre quando scadrà come lo yogurt. E farà posto ad un altro collega, andando ad ingrossare il circolo nemmeno più esclusivo degli emeriti.

Sarà retorica facile ma i nostri guardiani della Costituzione portano a casa una retribuzione stellare. Ricordate la polemica sugli stipendi d'oro? Il governo Renzi aveva fissato l'asticella a quota 238 mila euro, ma in un primo momento aveva preso come punto di riferimento lo stipendio del primo presidente della Cassazione, ancorato più in alto a quota 311 mila euro. Bene, una legge costituzionale del '53, dunque superblindata, rivista generosamente dal Cavaliere nel 2002, fa lievitare le retribuzioni dei giudici costituzionali molto più in su. Un membro della Consulta prende lo stipendio del primo giudice d'Italia, 311 mila euro, aumentato della metà. E il presidente incassa un bonus ulteriore del 20%. In soldoni, 549.407 euro, 457.839 i suoi colleghi. Altro che tetto. E c'è pure il paracadute di un regime fiscale favorevole: l'imponibile è pari solo al 70% della retribuzione. La dieta dimagrante, da queste parti, è davvero poca cosa. Renzi sul punto aveva chiesto ai quindici (oggi momentaneamente tredici) giudici di fare sacrifici e mettere mano ai tagli in casa propria. Ma la questione pare mal posta: «Contrariamente ha quanto ha lasciato intendere Renzi - ha scritto sul Fatto Quotidiano il professor Giuseppe Valditara - il trattamento dei giudici costituzionali può essere modificato solo con una legge costituzionale e dunque, di fatto, con una iniziativa del governo». In sostanza il premier vuol cedere ad altri il cerino che lui e solo lui potrebbe spegnere. I paragoni sono impietosi: «Gli omologhi canadesi - nota Valditara - percepiscono 216mila euro, quelli del Regno Unito 235mila euro, il Presidente della Corte suprema Usa solo 173mila».

Cifre impressionanti che misurano il divario fra noi e il resto dell'Occidente. Negli Usa i nove giudici sono nominati a vita. Insomma la loro è una missione che solo personalità fornite di particolari competenze e capacità possono affrontare. Questo non taglia il cordone ombelicale con la politica: i nove sono scelti in blocco dal presidente e dunque in qualche modo rispondono al popolo. Da noi, con tutto il rispetto, la Consulta è un po' un rifugio dorato cui aspirano i soliti raccomandati della politica, i magistrati meglio sponsorizzati e per fortuna anche una quota di personalità al disopra delle chiacchiere. La nostra Corte è intasata dai ricorsi delle regioni contro Roma e deve districarsi nel labirinto del nostro sistema legislativo e giudiziario. La Corte suprema assorbe anche la nostra Cassazione e le sue scelte influenzano la cultura e gli stili di vita sull'inquieta frontiera dei diritti civili e delle questioni più controverse, dall'aborto alla pena di morte. La Consulta ha corretto tante leggi mal fabbricate e ha fatto crescere il tasso di libertà, ma ha anche alimentato le polemiche sulla sua composizione e sui suoi orientamenti. Torna dunque la questione del peccato originale: la Corte pende a sinistra.

Ed è invecchiata insieme alla Repubblica.

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