Politica

La gelosia che arma i padri assassini

S ul canale Youtube del parco Kruger c'è un video sconvolgente girato da un ranger sulle rive di un fiume nel Eotsha National Park in Namibia. Le immagini mostrano una zebra maschio che afferra un cucciolo di un rivale e prova ad affogarlo tenendogli la testa sott'acqua. La madre del piccolo attacca il maschio che per un attimo molla la presa. Nei frames successivi l'adulto riparte all'attacco del puledro ma la madre di nuovo si avventa su di lui permettendo alla sua creatura di cercare una via di fuga.

Scene frequenti nel mondo animale perchè la natura segue regole che permettono un equilibrio tra le specie. Il comportamento della zebra è programmato a difesa dell'ecosistema, non ci sono etica e morale ma neanche il sadismo e la gelosia che hanno mosso le mani di Tony Essobdi Bedra, il 24enne italo-tunisino che giorni fa ha ucciso il bambino della sua compagna e ferito gravemente la bambina che la donna aveva avuto da una precedente relazione. L'uomo ha dichiarato che la rabbia sarebbe scaturita dalla vivacità dei bambini che giocando avrebbero rotto un lettino comprato con tanti sacrifici. L'ipotesi più plausibile è che invece non tollerasse le attenzioni che la madre riservava loro e che secondo lui toglievano spazio alla figlia che avevano avuto insieme. Assobdi Bedra, come la zebra, voleva liberarsi della «concorrenza», liberarsi di un altro maschio nel suo harem per la paura che potesse un giorno diventare più dominate di lui e competere per l'accaparramento delle risorse sessuali.

L'assassino, figlio di una donna italiana e un uomo tunisino, è cresciuto in Italia, dove la gelosia si scatena con più facilità verso la propria compagna che non verso i figli di lei. La cultura islamica potrebbe aver giocato un ruolo perché al suo interno è ancora molto viva l'esigenza di garantirsi una discendenza maschile. Assobdi Bedra, a differenza dell'ex compagno della donna, non ha avuto un maschio ma una femmina che sposandosi perderà il suo cognome. La zebra del Kruger è geneticamente programmata per avere istinto di accudimento soltanto nei confronti della sua prole mentre gli umani, per fortuna, la provano anche per quella dei loro simili. Il nostro sistema cognitivo si è evoluto fino al punto di regolare i nostri comportamenti nei confronti degli altri attraverso la cooperazione paritaria e l'empatia.

Sentir piangere un bambino, vederlo agonizzare senza provare una emozione che ci induca alla pietà non è una caratteristica psicobiologica della specie umana.

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