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Gengis Khan vietato: stop alla mostra

Pressioni cinesi per l'evento sull'imperatore mongolo. Ira dei curatori

Gengis Khan vietato: stop alla mostra

La censura del regime cinese arriva anche in Francia. E spinge - o costringe - gli organizzatori di una mostra, a Nantes, a posticiparla fino almeno al 2024. L'esibizione avrebbe dovuto essere dedicata a Gengis Khan, l'imperatore vissuto tra il dodicesimo e il tredicesimo secolo che fondò l'Impero mongolo, e condusse le tribù che aveva unificato alla conquista della maggior parte dell'Asia centrale, della Cina, della Russia, della Persia, del Medio Oriente e di parte dell'Europa orientale, dando vita, anche se per breve tempo, al più vasto impero terrestre della storia umana. Ma - udite udite - la mostra incentrata su mongoli e Gengis Khan non doveva pronunciare le parole mongoli e Gengis Khan. Pechino voleva cambiarne anche il titolo. Da «Sole del cielo e delle steppe: Gengis Khan e la nascita dell'Impero mongolo» a «Cultura della steppa cinese del mondo». Così hanno chiesto le autorità cinesi, che avrebbero voluto mettere al bando anche il termine «impero» e per farlo avevano chiesto non solo di poter intervenire ma anche di decidere su brochure, legende e mappe.

La ragione? L'ha spiegata, mettendola nero su bianco, l'Ufficio cinese del patrimonio culturale, che ha chiesto di apportare alcuni cambiamenti al progetto originale, «inclusi in particolare elementi di riscrittura parziale della cultura mongola a favore di una nuova narrativa nazionale». La storia rivisitata dal regime. Un regime che continua a mostrare la sua aperta ostinazione in patria, cioè in Cina, ai danni dei mongoli. Tanto che ad agosto una contestata riforma della scuola ha sostituito la lingua mongola con il mandarino nell'insegnamento in aula.

Ma ecco il bello. Il Museo di storia Château des ducs de Bretagne, a Nantes, in Francia, dove la mostra avrebbe dovuto svolgersi, ha deciso di non piegarsi alla richiesta: «Abbiamo deciso di fermare la produzione nel nome dei valori umani, scientifici ed etici che difendiamo», ha spiegato il direttore, Bertrand Guillet. Che ha parlato chiaramente di «censura» e ha addirittura approfittato dell'occasione per sottolineare l'inasprimento delle posizioni del governo cinese contro la minoranza mongola».

Stop, dunque all'evento, che era stato organizzato in collaborazione con il Museo della Mongolia interna di Hohhot, in Cina. La mostra avrebbe dovuto tenesi a gennaio ma è stata posticipata di almeno tre anni. L'obiettivo adesso è un altro. E sarà anche una corsa contro il tempo. I curatori dovranno cercare di sostituire le opere prese in prestito dai cinesi con manufatti provenienti da collezioni europee e americane.

Si andrà avanti senza interferenze e condizionamenti da Pechino.

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