Cronache

Genny 'a carogna, re di camorra La pace allo stadio la decide lui

Il capo ultrà protagonista della violenta "trattativa" durante la finale di Coppa Italia convoca un summit. Ha un nuovo ruolo: evitare che clan rivali si ammazzino in curva

Gennaro De Tommaso, il capo ultra' del Napoli noto anche come Genny 'a carogna
Gennaro De Tommaso, il capo ultra' del Napoli noto anche come Genny 'a carogna

Ci crede proprio nelle virtù del dialogo, «Genny 'a carogna». Il capo-ultrà, diventato famoso per la «trattativa» all'Olimpico durante la guerriglia per la finale di Coppa Italia tra il Napoli e la Fiorentina, è tornato. E il compito non è meno arduo di quello del 3 maggio 2014, a Roma. C'è da evitare che la faida, scoppiata nei vicoli cari a Totò e a Eduardo, tra Forcella e il rione Sanità, si trasferisca sugli spalti della Curva A dello Stadio San Paolo. Dove, appena domenica scorsa, per poco non c'è scappato il morto perché si sono ritrovati a intonare i cori, spalla a spalla, fumogeno a fumogeno, i due gruppi che da mesi si stanno sterminando a vicenda nel centro storico.

Un'occhiata, uno sputo ed è scoppiata la rissa proprio negli stessi istanti in cui Higuain ubriacava i difensori della Sampdoria con un dribbling mozzafiato per portare in vantaggio i padroni di casa. Un esagitato dei Mastiffs – il gruppo del tifo organizzato orfano proprio di «Genny 'a carogna» che, causa Daspo, non potrà mettere piede in uno stadio per un bel po' di tempo – si è fatto prendere la mano e ha sfoderato un coltello. Dall'altra parte hanno minacciato di rispondere con le pistole. Alla fine, un giovane del clan Sequino-Esposito è stato ferito al braccio costringendo i suoi a battere in ritirata.

La cosa grave – dice «radiomala» – però è un'altra: per la prima volta nella storia, a legge del San Paolo è stata infranta. La tregua «olimpica» che vietava ai camorristi di versare il sangue sul campo di calcio è andata in frantumi. Resisteva dai tempi di Achille Lauro, di Diego Armando Maradona in posa nella vasca a forma di conchiglia coi boss Giuliano. Era una delle poche cose certe della malavita: «Guagliù, allo stadio non si ammazza». Invece, no. E qui ritroviamo «'a carogna», il mediatore per eccellenza delle cose pallonare.

Secondo le ricostruzioni degli investigatori, che stanno lavorando per identificare gli autori dell'agguato in Curva, la Cupola della malavita cittadina avrebbe imposto ai due clan non solo di evitare simili episodi in futuro, ma di siglare immediatamente la pace in vista delle prossime partite casalinghe della squadra del cuore. Genny si è «sacrificato», e ha convocato un summit d'urgenza in vico Finale (beffe del destino), nel borgo Sant'Antonio Abate. Una decina di persone, appartenenti ai Mastiffs e ai gruppi di Forcella, in tutto. I partecipanti avrebbero finto di incontrarsi per caso in strada. In realtà erano lì – sospettano gli inquirenti – per trovare una «diplomatica» vita d'uscita alla battaglia scoppiata sui gradoni della struttura sportiva di Fuorigrotta sotto la regia dell'ambasciator «carogna».

Tutti sono stati identificati e perquisiti dalla polizia. Nessuno era armato. Attendevano solo i consigli del saggio Genny che però, visto l'arrivo della polizia, si è velocemente dileguato lasciando la trattativa a metà. E che le cose siano più serie del previsto lo dimostra il fatto che ieri mattina un uomo di sessant'anni, Pasquale Ceraso, è stato ammazzato con un colpo di pistola alla nuca mentre guidava la sua Twingo, a poche decine di metri dal Museo nazionale.

La vittima era affiliata al gruppo Sequino-Esposito, quello preso a calci in una Curva A.

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