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Gentiloni non usi la casa come bancomat

L'esperienza negativa degli anni recenti suggerisce di non dar ascolto alle sirene dell'imposta patrimoniale

Gentiloni non usi la casa come bancomat

Il premier Gentiloni propone una misura molto opportuna: la riduzione dei tributi sul fattore lavoro e, possibilmente, sugli investimenti per il rilancio dell'economia. Renzi per il regime fiscale del lavoro aveva operato con misure non strutturate per la crescita del Pil, mediante la politica dei bonus. Prima gli 80 euro in busta paga che non hanno ridotto i costi del lavoro né generato un incentivo alla produttività ma sono costati 12 miliardi annui. Poi, la riduzione temporanea dei contributi per il lancio del nuovo contratto a tutele crescenti, che ha avuto effetti positivi sull'occupazione solo per il periodo in cui c'è stato lo sgravio. La crescita del Pil dell'Italia è la minore della zona euro, mentre la produttività italiana negli anni Duemila si è ridotta nel confronto con la dinamica della media europea. L'investimento, a causa della pesante tassazione edilizia, si riprende a fatica. Se Gentiloni orienta lo sgravio fiscale sul lavoro sia alla riduzione dell'Irap che pesa in particolare sui settori ad alta intensità di lavoro qualificato sia ai contratti orientati alla produttività, si tratta di scelte sacrosante. Questo giornale le ha sempre propugnate. Ma c'è il problema della copertura del costo di queste misure. Gira insistente la tesi per cui la manovra di riduzione fiscale sul lavoro, che sarebbe attorno a 3 miliardi annui permanenti, andrebbe finanziata mediante un aumento della tassazione sugli immobili. La Commissione Ue, da tempo, propugna la tesi di spostare le imposte dal lavoro alla proprietà immobiliare. Su suggerimento europeo, il governo Monti ha introdotto l'Imu raddoppiando le aliquote rispetto all'Ici e tassando anche la prima casa in precedenza esonerata dal governo Berlusconi. Poi c'è stato lo sgravio della prima casa da parte del governo Letta. Ma Letta e Renzi hanno introdotto la Tasi, che in buona parte, colpisce la prima casa. Ciò mentre per l'Imu i governi locali attuavano continui aumenti di aliquote. La caduta del mercato immobiliare, la crisi edilizia, l'aumento della disoccupazione, la crisi delle banche piene di sofferenze garantite la beni immobili svalutati, l'aumento scarso degli investimenti sono stati una conseguenza di scelte sbagliate. Le imposte sugli immobili e sul lavoro sono entrambe dannose alla crescita più di qualsiasi altra tassazione. Gentiloni non ha ancora detto come intende finanziare la riduzione degli oneri fiscali sul lavoro. Però il premier, quale obiettivo di tale sgravio, indica l'aumento della crescita e della competitività: non la tosatura dei risparmi del ceto medio e minuto. L'esperienza negativa degli anni recenti suggerisce di non dar ascolto alle sirene dell'imposta patrimoniale. L'Imu e la Tasi non sono tasse su rentiers improduttivi, ma su piccole e medie proprietà di lavoratori e pensionati. La sola copertura possibile degli sgravi fiscali sul lavoro sta nella riduzione di spese ingiustificate.

Basta leggere i bandi Consip.

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