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Gentiloni perde voti per strada. Al Senato sarà in bilico

Con il forfait dei verdiniani numeri risicati a Palazzo Madama. Oggi fiducia alla Camera

Gentiloni perde voti per strada. Al Senato sarà in bilico

Crisi lampo, governo sprint. Domenica l'incarico, poi due mezze giornate di incontri, alle 18,45 la lista dei ministri e già all'ora di cena il giuramento nel Salone delle Feste del Quirinale. Fretta dunque, tanta fretta, battuto ogni record: oggi alle 11 la fiducia alla Camera, mercoledì il decreto Mps, giovedì il vertice europeo. «Ringrazio tutti, sia chi mi sosterrà sia chi sarà all'opposizione - dice Paolo Gentiloni in una pausa delle consultazioni - Ho cercato di conciliare l'esigenza di tempi molto stretti, come indicato del presidente, con la necessità di ascoltare le proposte delle forze parlamentari».

Forse troppa fretta, infatti sotto tanta velocità spunta il primo grosso guaio, la defezione dei verdiniani che non ottengono un posto nella squadra e che annunciano voto contrario. Dopo il braccio di ferro sul ruolo di Lotti e Boschi e sul peso di Ncd, ecco Ala che si sfila e rischia di non far avere al nuovo esecutivo i numeri al Senato. Senza parlare del pericolo del fuoco amico. Matteo Renzi, per non dare l'idea di aver partorito un governo fotocopia, potrebbe essere tentato, almeno di tanto in tanto, di bombardare Palazzo Chigi per segnare una sua distanza da eventuali provvedimenti impopolari.

Ma ai due sarà difficile sfuggire all'identificazione, visto che oltre il novanta per cento dei ministri uscenti vengono riconfermati, al massimo qualcuno viene spostato. Circondato com'è da Lotti e la Boschi, Gentiloni appare commissariato e impiombato in partenza da una forma di sostegno piuttosto singolare del Pd: lo appoggiamo, dichiarano i capigruppo, «però è difficile che finisca la legislatura».

Lui comunque non sembra scomporsi. «Non mi nascondo le difficoltà legate all'esito del referendum e alla successiva crisi politica a cui dobbiamo fare fronte», spiega nella Loggia alla Vetrata, appena letta la lista. Ma, aggiunge, «ci metteremo al lavoro immediatamente con tutte le sue forze, concentrati sui problemi da risolvere e con l'ottimismo che ci deriva dalla grande forza del popolo italiano».

E la continuità con Matteo? Quella non è un problema, assicura. «Il governo, come si vede dalla sua struttura, proseguirà nell'azione di innovazione svolta fin qui dall'esecutivo Renzi». C'è comunque una differenza di stile. Silenzioso, determinato, Gentiloni ha condotto le trattative sotto traccia e a voce bassa. «Ho molte cose da fare per il Paese - ha detto ai suoi interlocutori - io sono qui per favorire il dialogo». C'è pure un pizzico di autocritica: «L'Italia si è rimessa in moto in questi ultimi anni, però non possiamo ignorare le varie forme di disagio, specie nella fasce più deboli del ceto medio e nel Mezzogiorno».

Il governo di «Paolo il felpato», come voleva il capo dello Stato, nasce per «accompagnare» la riforma elettorale. «Ci adopereremo per facilitare il lavoro tra le diverse forze politiche per individuare le nuove regole». Tuttavia, siccome non esistono governi con la data di scadenza, il premier allarga il suo perimetro parlando di lavoro e Sud. «Insieme alle scadenze internazionali, è la vera priorità nei prossimi mesi.

L'Italia è protagonista della Ue, si batte per politiche migratorie comuni e una politica economica finalmente orientata alla crescita».

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