Politica

Gentiloni pronto al bis: «Noi forza tranquilla» E anche Renzi approva

Il premier giura che «non andrà in pausa fino alle elezioni». La strategia del segretario

Un anno di governo, l'ultimo di una «legislatura fruttuosa», nonostante fosse cominciata «in modo strano».

Un anno durante il quale «non abbiamo tirato a campare», dice replicando ironicamente a chi gli ha attribuito un certo «andreottismo» che non gli corrisponde. E di cui ieri Paolo Gentiloni ha presentato il bilancio, concedendosi un moto, sia pur pacato, di orgoglio: «Abbiamo fatto pochi annunci ma preso non poche decisioni», ricorda. Una conferenza stampa di fine anno che - per un'inedita coincidenza - è anche di fine legislatura. Il premier rivendica di aver raggiunto il suo «primo obiettivo», quello di una «conclusione ordinata» e senza strappi «traumatici». Grazie a questo percorso prudente, concordato con il Quirinale, ora l'Italia «non si mette in pausa» in attesa dell'esito elettorale: un esecutivo c'è, «e vi assicuro non tirerà i remi in barca ma, nei limiti della Costituzione, il governo governerà».

Dietro l'understatement tipico del personaggio, e lo humour anglosassone colorito da qualche affondo romanesco («Nun ce se crede», dice ricordando che l'Italia è «tra i 4 o 5 giganti dell'export mondiale»), affiora un nuovo protagonismo politico di Gentiloni. Punzecchia gli avversari, augurandosi una campagna elettorale «che limiti la diffusione di paure e illusioni e i dilettanti allo sbaraglio» (e sembra di vedere la faccia di Di Maio). Rivendica i risultati della ripresa economica e il «capitolo storico dei diritti» approvati in questi anni dal governo di Renzi e suo. Ma taglia corto con le lamentazioni e gli appelli pelosi sullo Ius soli: «La verità è semplice: non siamo riusciti a mettere insieme i numeri». E votarlo in queste condizioni sarebbe stato «il modo migliore per archiviarlo».

Il premier sa bene di rappresentare, in questa fase, un importante atout per un Partito democratico in difficoltà. E fa sapere che in campagna elettorale lui ci sarà e farà tutto ciò che può per dare una mano al suo partito. Del resto, ricorda, «i governi non sono superpartes, ed è normale che chi li guida abbia un ruolo anche politico». Il premier, infatti, ha già dato piena disponibilità al Pd, che ha intenzione di usare il più possibile il suo nome sulle liste: sarà candidato in un collegio uninominale (si parla di Roma 1) e alla testa delle liste proporzionali in diverse circoscrizioni. Quali, però, sarà deciso solo quando sarà chiara la «strategia» delle candidature, in particolare dei ministri. Le voci circolate in questi giorni hanno infatti creato diversi malumori tra i ministri: candidarli nei collegi di origine (ad esempio: Marco Minniti a Reggio Calabria), anche se ad alto rischio, può dar luogo a contraccolpi politici pesanti in caso di bocciatura. Gentiloni ieri ha mandato un felpato avviso ai naviganti: «Abbiamo una sinistra di governo (i ministri, ndr) che deve svolgere un ruolo anche in futuro, e la cui credibilità è un patrimonio importante per il Pd e per il Paese». Renzi fa sapere di aver apprezzato molto la conferenza stampa, e del resto una ritrovata sintonia tra premier e segretario si intuisce dall'uso delle stesse parole per definire il Pd: «forza tranquilla», evoca mitterrandianamente Renzi. «Tranquilla forza di governo», dice Gentiloni.

Che lascia capire di non aver apprezzato l'idea della Commissione Banche («Registro con sollievo la fine delle audizioni») e riconosce di non aver «condiviso» l'offensiva renziana anti-Visco, ma rivendica l'operato dei governi Pd per mettere in sicurezza il sistema «senza regali ai mariuoli» e difende la Boschi: «L'ho voluta io nel governo».

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