Cronache

Georgia, madre di tutti gli "orange"

Viaggio nel Paese caucasico dove è nata l'enologia. Nelle anfore

Georgia, madre di tutti gli "orange"

Dove è nato il vino? Nel bacino del Mediterraneo, lo sanno tutti. Quanto alle origini, si perdono nella notte dei tempi. E invece no. Il vino ha oggi un certificato di nascita. Stilato dagli archeologi dell'università di Toronto e del Georgian National Museum che, esaminando alcune anfore trovate in Georgia risalenti al 6000-5800 a.C, hanno trovato le più antiche tracce del nettare di Bacco. E per quegli strani azzardi della storia, in Georgia il vino si fa ancora come 8mila anni fa. Spremuto dalle uve, è inserito in enormi anfore di terracotta interrate. Protetto dalle temperature estreme e ossigenato, viene lasciato fermentare e da lì prelevato dopo un periodo di riposo, senza filtrarlo. Non solo: il vino bianco bianco non è, perché le bucce vengono lasciate macerare in anfora come per i rossi e conferiscono un colore dall'ambra al bronzo all'arancio.

In Georgia il vino è un culto: molti lo producono da sé e anzi hanno salvato i vitigni antichi - ce ne sono oltre 500 autoctoni - dalla spietata pianificazione sovietica che ne aveva selezionati solo due, il bianco Rkatsiteli e il rosso Saperavi. Le enoteche sono più numerose delle caffetterie, e non si fa passo senza che qualcuno ne tessa sperticate lodi.

Negli ultimi anni però questo vino dai sentori molto evoluti di grande persistenza che richiamano l'ossidazione è diventato di gran moda. Un po' per quella voglia di nuovo, un po' per quel desiderio di «naturalità» - qualsiasi cosa voglia dire questa vinificazione ancestrale ha varcato i confini del Paese caucasico ed è stata abbracciata da produttori occidentali. Gli americani, che sono gente semplice, per classificare questo vino né bianco, né rosso né rosé lo hanno ribattezzato Orange wine. «Ma i produttori preferiscono parlare di vini macerati sulle bucce, in anfora o meno. I prezzi, più alti della media, partono dai 20 euro. E non sempre corrispondo a una qualità elevata. È una lavorazione complicata, le bucce possono rilasciare odori o sapori sgradevoli e rovinare il risultato finale», spiega Massimo Malfassi titolare di Euroclub, nota enoteca milanese.

In Italia pioniere di questa vinificazione fu Josko Gravner, produttore del Collio che anni fa viaggiò in Georgia alla scoperta delle origini del vino deluso, dice, dopo un viaggio negli Stati Uniti alla ricerca del vino del futuro, che non trovò. Ha affinato la tecnica nei decenni con bucce macerate sette mesi, caso più unico che raro. E oggi i suoi vini in anfora si vendono a 60 euro e più. Il Friuli è un gran bacino di vini macerati, oltre a Graver ci sono Radikon, Terpin e Podversic. Ma intanto gli «Orange» si sono diffusi in altre regioni, dal distretto di Impruneta in Toscana alla Sicilia (Serragghia di Pantelleria). E i georgiani? In Italia sono considerati una nicchia.

Eppure, ricordiamoci che dobbiamo a loro una delle invenzioni più geniali del mondo.

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