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Germania, stretta sui migranti Arrivano i centri di detenzione

Merkel costretta a rinunciare alla sua politica delle porte aperte. Il ministro dell'Interno Seehofer: via in autunno

Germania, stretta sui migranti Arrivano i centri di detenzione

Che il governo Merkel IV avrebbe segnato un cambio di passo sull'accoglienza dei migranti si era capito dalle lunghe trattative per mettere d'accordo i protagonisti della Grosse Koalition, un tira-e-molla in cui l'immigrazione è stata proprio uno dei nodi più difficili da sciogliere. E anche la presenza al ministero dell'Interno dell'ex presidente della Bavaria e leader della Csu Horst Seehofer, da sempre critico nei confronti della politica delle porte aperte della cancelliera, aveva fatto presagire novità. Che, a due mesi dal giuramento dell'esecutivo, cominciano a farsi vedere. Una data già c'è: l'autunno. Per allora, Seehofer ha annunciato che saranno aperti i nuovi centri di detenzione ed espulsione di massa per richiedenti asilo. Un modo, ha detto il ministro, per «raccogliere e velocizzare le procedure di asilo».

Sono stati soprannominati anchor center, dove anchor è l'acronimo di «arrivo, decisione, rimpatrio». I migranti che entrano in Germania saranno dirottati lì in attesa di conoscere il loro destino. In queste strutture, che saranno gestite dalla polizia federale, i nuovi arrivati saranno registrati e ascoltati nei colloqui necessari per decidere se concedere loro o meno lo status di rifugiato. In caso negativo, verranno espulsi direttamente da lì. Rendendo più semplice un passaggio che oggi semplice non è: tra 2016 e 2017 sono state rigettate poco più di 406mila domande di asilo, ma solo 49mila persone sono state rimpatriate.

La struttura che farà da modello per questi centri è quella di Manching, vicino a Ingolstadt, in Baviera. Qui, proprio per volere di Seehofer, nell'estate del 2015 è stato aperto il primo centro di accoglienza ed espulsione per migranti in arrivo da Paesi considerati «sicuri» (principalmente i Paesi dell'ex Jugoslavia) e quindi quasi certamente destinati al rimpatrio. Attualmente la struttura di Manching contiene 1.100 richiedenti asilo provenienti perlopiù da Balcani, Ucraina, Nigeria e Afghanistan. Nell'attesa che la loro richiesta venga vagliata, non possono uscire, lavorare, frequentare la scuola o i corsi di lingua. Seehofer ha spiegato che la prima struttura di questo tipo vedrà la luce sempre in Baviera prima delle elezioni regionali di metà ottobre. Un'opera che ha «la più alta priorità».

All'inaugurazione del centro di Manching, l'allora ministro bavarese per gli Affari sociali Emilia Müller aveva rassicurato che non si trattava di un modo per spaventare i migranti in arrivo. Ma ora lo spirito sembra cambiato: secondo un membro del governo locale dell'Alta Baviera, dove si trova la prima struttura, i nuovi centri «manderanno un segnale a chi ha scarse probabilità di essere ammesso nel nostro Paese», in modo che capiscano che «non ne vale la pena di venire in Germania, perché qui le richieste di asilo vengono vagliate molto velocemente». Seehofer, infatti, ha detto che nessuno rimarrà nelle nuove strutture per più di 18 mesi e che comunque i richiedenti asilo che avranno più probabilità di rimanere nel Paese dovrebbero essere spostati in altri centri.

Fino ad ora il modello tedesco ha previsto un'accoglienza capillare dei migranti, sparpagliati per il Paese per evitare di concentrarli in grandi strutture ad alta tensione, isolate e incapaci di garantire un'integrazione dei nuovi arrivati. Questa è la critica che avanzano gli scettici del progetto di Seehofer. Ma oggi Merkel deve fare i conti con una nuova sensibilità sul tema, molto diversa da quella che accompagnò la sua apertura a un milione di rifugiati siriani nel 2015 e che trasformò la Germania nella paladina europea dei diritti dei richiedenti asilo.

Ora le cose sono cambiate: gli alleati della bavarese Csu hanno preteso una stretta sul tema in cambio dell'ingresso nella coalizione di governo, e anche l'entrata in Parlamento dell'estrema destra con l'Afd ha reso inevitabile un ripensamento delle politiche migratorie.

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