Cronache

Il giallo di madre e figlio morti Esami spariti, niente colpevoli

La donna incinta è deceduta dopo una visita in clinica L'ecografia cancellata dai pc, ma l'inchiesta è archiviata

Il giallo di madre e figlio morti Esami spariti, niente colpevoli

Tutto bene, signora. Sta bene lei, e sta bene il bambino che porta in grembo. La sera del 15 ottobre 2015, alla clinica San Pio X, Katia Simeone c'era arrivata piegata in due dal dolore. La tranquillizzarono e la rimandarono a casa. Alle sei del mattino dopo era morta: e ore prima era morto dentro di lei il maschietto che un mese dopo avrebbe dovuto mettere al mondo. Una emorragia devastante, di cui nessuno nella clinica si era accorto.

Quella morte, anzi: quelle due morti, sono ora una specie di delitto perfetto. Perché all'indomani della morte, qualcuno nella clinica milanese si precipitò a fare sparire dal computer l'ecografia che era stata effettuata. Cosa raccontavano quelle immagini? Non lo sapremo mai. Ma l'unica spiegazione per la fretta in cui mani senza volto entrarono nel computer, maldestramente, lasciando tracce evidenti, può essere una sola: bisognava fare sparire le prove, l'ecografia che avrebbe dovuto fare capire ai medici che l'emorragia era già cominciata. Katia e il suo bambino si potevano salvare.

Adesso, la Procura di Milano ha chiesto di archiviare tutto: l'indagine a carico di ignoti per l'ecografia scomparsa, e di conseguenza l'inchiesta per omicidio colposo contro i medici della Pio X. Senza l'ecografia, dice la Procura, non si può accusarli con certezza di nulla. Ma il marito di Katia non ci sta, si oppone, chiede nuove indagini. Il 5 dicembre scorso il giudice preliminare Anna Lura Marchiondelli ha tenuto udienza, e da allora sta valutando il da farsi. Una riflessione lunga, che dà conto di una decisione che si muove tra una indagine costellata di stranezze e di errori, e il diritto della famiglia ad avere giustizia.

Quanta colpa abbiano avuto i medici forse non si saprà mai. Accertata, e senza precedenti, è l'incredibile manomissione del computer. In una clinica rinomata, oggi di proprietà del gruppo Humanitas ma allora nelle mani dei padri camilliani, nei giorni drammatici successivi alla morte della giovane madre intervenne una manina per fare sì che la verità non si sapesse mai.

Le tracce sono lì, evidenti, nel rapporto della squadra «reati informatici» della Procura di Milano. Dice che tra le 18 e le 20 del 16 ottobre viene eseguita una ecografia «alla quale il sistema ha assegnato il numero progressivo 8733, la quale è stata successivamente cancellata dal sistema per opera di intervento eseguito da un utente esterno». È l'ecografia sull'addome di Katia, quella che poteva salvarle la vita. Sparisce dal computer. Nell'elenco, dalla 8732 si passa alla 8744. Ma del file 8733 restano labili tracce, che dicono che la sera del 21 ottobre e la mattina del 22 qualcuno lo ha aperto, lo ha controllato. E poi lo ha fatto sparire per sempre.

A uccidere Katia e il nascituro fu un'emorragia scatenata dal cedimento della cicatrice del primo parto, avvenuto con taglio cesareo. La rottura dell'utero avviene esattamente nella stessa zona del corpo che l'ecografia esamina per verificare lo stato di salute del feto. Come è possibile che non sia stata rilevata? Da questi dati è partita la ricerca di verità della famiglia, assistita dall'avvocato Luigi La Marca. Che per due volte ha chiesto invano l'avocazione dell'indagine, segnata da singolari lentezze, da perizie assegnate e mai realizzate, da consulenze lacunose.

Ma su tutto pesa l'episodio della ecografia scomparsa, nel cuore di un istituto religioso, per nascondere le tracce di un reato; salando i responsabili da un processo, e l'ospedale dal risarcimento.

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