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Giannini flop, il talk è in crisi Neppure Santoro ci crede più

Ballarò perde cinque punti di share alla seconda puntata Questa sera si sfidano «Virus» e «Servizio Pubblico», ma il teletribuno: «Ultima stagione, spettatori nauseati»

Giannini flop, il talk è in crisi Neppure Santoro ci crede più

Potremmo chiamarlo il paradosso dei talk. Oppure, la contraddizione degli approfondimenti. Mentre l'audience diminuisce e l'orticello del pubblico si restringe, i salotti tv aumentano. Tutto questo mentre l' appeal della politica va scemando. Finiti i duelli epocali tra esponenti di opposte fazioni, disarcionato il Cavaliere, i programmi di approfondimento mostrano tutta la loro superficialità. Una pletora di politici, opinionisti, economisti, sondaggisti e sindacalisti si rincorrono da una rete all'altra davanti alle nostre poltrone. L'emblema della grande omologazione che ha colpito autori, conduttori e produttori tv sono le poltroncine di compensato vintage , identiche sputate a Ballarò e diMartedì .

Eppure - ma è un'ulteriore conferma del declino del genere - dalle parti di La7 c'è chi si gasa per la rimonta di Giova Floris su Max Giannini. In effetti la forbice si è ristretta. Dall'11,76 per cento di share dell'esordio l'altra sera Giannini è sceso al 6,53, mentre Floris è salito dal 3,47 al 4,23 per cento (share identico, il 4,22 per cento, ha fatto registrare Otto e mezzo : il traino equivale al rimorchio). Mettiamo, dunque, agli atti un riequilibrio nella spartizione dell'orto degli aficionados dei talk. Tuttavia, si tratta di un riequilibrio prodotto in buona parte dal calo di ascolti di Giannini. Venuta meno la curiosità per l'esordio, Ballarò ha perso per strada 5 punti di share e un milione di telespettatori. Rispetto a martedì scorso la torta del pubblico dei gemelli del talk è scesa da 3 milioni 250mila a 2 milioni 500mila telespettatori complessivi. Tra le ragioni contingenti del calo va annoverata la diversa programmazione di Raiuno: una settimana fa un film, l'altra sera la fiction Un'altra vita che naviga stabilmente sul 25 per cento di share.

Ma, concorrenza a parte, ci sono ragioni più strutturali della riduzione della platea dei talk. Innanzitutto, una ragione quantitativa. Tre sere la settimana ce ne sono due in contemporanea. Il lunedì, Piazza pulita di Formigli e Quinta colonna di Del Debbio; il martedì Giannini e Floris; il giovedì Servizio Pubblico di Santoro e Virus - Il contagio delle idee di Nicola Porro (che questa sera si occupa della «Guerra dei trent'anni» tra governo e sindacati con ospiti Maurizio Belpietro, Stefano Fassina, Sergio Cofferati e Filippo Facci). La domenica, serata monopolizzata dal calcio, sopravvive La Gabbia di Paragone. A tutto questo vanno sommati gli approfondimenti di seconda serata ( Porta a Porta e Matrix ), le varie «linee notte» e «morning news» di La7 e Raitre che sono altri talk show camuffati.

Ieri, alla vigilia della prima puntata di quella che sarà la sua ultima stagione in prima linea (titolo: «Solo chiacchiere e distintivo?», ospiti Sabina Guzzanti, Luigi De Magistris, Gianrico Carofiglio e Viviana Beccalossi), Santoro ha scritto sul sito di Servizio Pubblico che i talk, «con il venir meno nella società di grandi contrasti, e con la scomparsa dei partiti, hanno creato nel pubblico una specie di nausea e un vero e proprio rigetto. L'overdose non mette soltanto a nudo la stanchezza di un genere. Anche con i reality - prosegue il post di Santoro - il pubblico aveva subito una vera e propria aggressione, ma quando ha cominciato a stancarsi, sono stati subito sostituiti da altri programmi. Ma mentre i reality costavano, cosa ci può essere di meno costoso e di più facile da realizzare di un talk? Un altro talk».

Certamente, il conduttore di Servizio Pubblico rimpiange certe voyeuristiche serate che, a colpi di escort e intercettazioni, facevano lievitare l'audience a 4 milioni di spettatori e oltre. E soprattutto l'epoca in cui era il solo a coltivare l'orto. Non è più così: i talk show proliferano perché costano poco. E pazienza se si somigliano tutti persino nei servizi in esterna, dai collegamenti con le maestranze in agitazione, alle interviste agli imprenditori che delocalizzano in Austria o in Svizzera, fino ai pensionati che non riescono a pagare la Tasi. La fantasia scarseggia, il chiacchiericcio stride e il pubblico si allontana.

Così, mentre l'orto si riduce, gli orticoltori aumentano.

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