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La Gioconda lascia il Louvre e va in tour Ira dei parigini: "Giù le mani da Monna Lisa"

Difficile arrivi mai in Italia. Nel 1911 un nostro connazionale riuscì a rubarla

La Gioconda lascia il Louvre e va in tour Ira dei parigini: "Giù le mani da Monna Lisa"

«Et in questo di Lionardo vi era un ghigno tanto piacevole che era cosa più divina che umana a vederlo, et era tenuta cosa maravigliosa, per non essere il vivo altrimenti». Giorgio Vasari dixit.

Ora, quella «cosa più divina che umana», è pronta a fare le valigie. Come fosse una «monna» qualsiasi. Sì, insomma, una «signora» come tante. E invece qui parliamo dell'unica e inimitabile (in realtà, imitabilissima) «Monna» con la «M» maiuscola, che di nome fa Lisa (il cognome resta un mistero, anche se i bisbigli in casa Leonardo da Vinci danno per sussurratissimo «Gheradini», cioè il cognome della moglie di Francesco del Giocondo: da qui, La Giocanda).

Tutto questo - fintamente dotto - preambolo per dare una notizia clamorosa, rilanciata ieri da tutti i media internazionali: invece di aspettare i suoi soliti milioni di visitatori, Monna Lisa se li andrà a cercare di museo in museo in giro per il mondo; un orientamento ribadito della ministra della Cultura francese, Françoise Nyssen. Primo candidato ad ospitare il capolavoro di Leonardo, la filiale del Louvre a Lens, nel nord della Francia. Per ora quindi solo un piccolo passo, considerato che la sua storica dimora è sempre stata la sede centrale del Louvre a Parigi.

La Gioconda è un dipinto a olio su tavola di legno di pioppo dalle dimensioni di 77 cm d'altezza x 53 cm di base e 13 mm di spessore, realizzato da Leonardo tra il 1503-1506, ed è considerato (a torto o a ragione?) il quadro più significativo nella storia dell'arte. Di certo è il più riconoscibile, considerato che - a tutte le latitudini - quando uno ha un buco da tappare in parete, la prima stampa che ricicla è quella di Monna Lisa.

La descrizione della Gioconda segue, più o meno, sempre lo stesso cliché: «Opera iconica ed enigmatica della pittura mondiale, si tratta sicuramente del ritratto più celebre della storia». Standard pure la descrizione del «sorriso impercettibile, col suo alone di mistero».

Ai microfoni di Europe 1, la ministra Nyssen ha fatto un figurone da global-mecenate dell'arte. Sfoggiando sensibilità e altruismo che neppure Peggy Guggenheim: «Non vedo perché un simile patrimonio dell'umanità debba restare confinato a vita in un solo luogo. Certamente, poi, bisogna fare attenzione alla conservazione e a quello che una tale opera rappresenta per il mondo intero. Ma il mio obiettivo è stato sempre quello della lotta alla segregazione culturale. E per questo, uno dei pilastri resta il piano delle opere itineranti».

Non l'avesse mai detto. Conservatori ed esperti hanno scatenato il putiferio. Per non parlare della furia dei parigini: «Giù le mani dalla nostra Monna Lisa». Intanto, ad aggiudicarsi per primo l'arrivo del dipinto è stato il sindaco di Lens, Sylvain Robert, facendo domanda direttamente al presidente della Repubblica.

La Gioconda - come sa pure chi in un museo non ha mai messo piede - è ammirata ogni giorno da migliaia di visitatori, rigorosamente in fila fantozziana dietro a un cordone che li tiene a debita distanza dall'opera. Una curiosità: appena a pochi centimetri dalla Gioconda ci sono quadri altrettanto maestosi, che però nessuno degna di uno sguardo.

Nella lunga storia del dipinto non sono mancati i tentativi di vandalismo, nonché un furto rocambolesco che ne ha alimentato la leggenda. E, a proposito di «furto rocambolesco» e «leggenda», l'Italia può - a pieno titolo - dire la sua. Vincenzo Pietro Peruggia (Dumenza, 8 ottobre 1881 Saint-Maur-des-Fossés, 8 ottobre 1925), decoratore italiano, divenne famoso infatti proprio per aver trafugato La Gioconda dal Louvre nel 1911.

Peruggia si era nascosto in una cameretta buia del museo e alla chiusura tolse Monna Lisa dalla cornice e scappò da una porta sul retro. Tentò di vendere La Gioconda alla Galleria degli Uffizi, affermando che «l'Italia avrebbe saputo valorizzare maggiormente l'opera».

Pietro Peruggia non sarà ricordato come un ladro.

Ma come un inguaribile ottimista.

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