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È il giorno del giudizio Il primo obiettivo: un verdetto rapido

Oggi a Strasburgo il ricorso dell'ex premier Si punta a un provvedimento d'urgenza

È il giorno del giudizio Il primo obiettivo: un verdetto rapido

Un'impresa quasi disperata, il tentativo di spiegare le ragioni della politica a giudici che per definizione le sono (o dovrebbero esserle) estranei. Oggi è il giorno del giudizio per Silvio Berlusconi e per la sua richiesta alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di dichiarare ingiusta la sua espulsione dal Senato. Il Cavaliere e suoi legali sono convinti delle buone ragioni del ricorso. Ma sanno che la prima vera sfida è convincere i giudici a emettere una decisione in tempo per le elezioni del prossimo anno. Ed è questa, ottimismi di facciata a parte, la più impervia.

A sinistra gli avvocati del Cavaliere; a destra quelli del suo avversario, il governo italiano. È questo lo scenario che stamattina giornalisti e curiosi di mezzo mondo si troveranno davanti quando accederanno alla sterminata aula della Grand Chamber. Ed è sui due schieramenti che incomberà la piccola, cruciale norma cui si affidano le speranze di Berlusconi di avere giustizia in tempi brevi. È l'articolo 39 del regolamento della Corte di Strasburgo, quello che consente in casi particolari di emettere un provvedimento provvisorio, senza attendere i tempi lunghi delle decisioni. La norma può essere applicata, secondo la giurisprudenza della Corte, nei casi in cui ci sia il «rischio imminente di un danno irreparabile». Già, ma qual è un danno irreparabile? Per Berlusconi, lo è anche la sua estromissione forzata dalla prossima tornata elettorale: che non solo priverebbe lui di un suo diritto costituzionale ma limiterebbe anche la libertà di scelta dei cittadini. Ma la Corte finora ha usato questo strumento solo per bloccare espulsioni e estradizioni che mettevano a rischio la incolumità fisica del ricorrente, e si è trattato quasi sempre di provvedimenti urgenti del giudice di turno. Mai nella sua storia, si fa notare, una misura provvisoria è stata emessa dalla Grand Chamber, la sezione suprema che oggi giudicherà il caso «Berlusconi versus Italy».

Così il duello di oggi si annuncia aspro ma un po' strano, un match destinato a concludersi senza che l'arbitro alzi il braccio del vincitore. Il verdetto arriverà chissà quando: 10, 12 mesi i tempi d'attesa medi per le sentenze della «Grand» (per dare un esempio, il prossimo lunedì si conoscerà la sorte dell'ex primo ministro georgiano Ivane Merabishvili, la cui udienza si tenne il 7 marzo). Magari nel frattempo circoleranno voci, indiscrezioni sull'andamento della camera di consiglio (che si terrà già oggi), notizie di pronunciamenti o spaccature. Ma nulla in grado di consentire a Berlusconi di candidarsi alle politiche del 2018.

Eppure l'attesa è forte, palpabile. Perché mai nei suoi quasi 60 anni di vita la Corte di Strasburgo si era trovata così pesantemente coinvolta nella vita interna di uno dei paesi fondatori dell'Unione, mai era stata chiamata a fare da arbitro di uno scontro politico tra maggioranza e opposizione come quello di cui - comunque lo si guardi - il «Berlusconi case» è il punto di approdo.

Ieri, mentre gli ultimi giudici della Corte arrivavano dai loro paesi a Strasburgo, in uno studio legale si sono ritrovati gli avvocati della squadra difensiva di Berlusconi per mettere a punto definitivamente le strategie. Niccolò Ghedini, il difensore storico del Cavaliere, si è incontrato con Andrea Saccucci, Giulio Nascimbene e Edward Fitzgerald, i tre specialisti di diritti umani che guidano la task force.

La convinzione è che la partita sia comunque aperta, se non sui tempi sicuramente sul contenuto della decisione, e che decisivi saranno gli interventi in aula: soprattutto nello spiegare ai giudici che la cacciata di Berlusconi dal Senato non fu un atto giudiziario ma una operazione politica.

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