Politica

Il gip archivia la D'Urso: il suo è «infotainment»

Metà informazione metà spettacolo: nessun processo per la conduttrice tv

Patricia TagliaferriRoma Non è una giornalista, ma conduce un programma a metà tra l'informazione e l'intrattenimento con una redazione di giornalisti professionisti alle spalle. E quindi la denuncia presentata contro di lei per esercizio abusivo della professione dal presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti Enzo Iacopino merita di finire in archivio.Nessun processo, dunque, per Barbara D'Urso. Il gip del Tribunale di Monza Giovanni Gerosa ha rigettato e archiviato per infondatezza l'esposto presentato da Iacopino nel novembre del 2014, accogliendo la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Walter Mapelli. È stato lo stesso gip a chiarire che Domenica Live, il programma che la D'Urso conduce su Canale 5 e nel corso del quale fa spesso interviste a personaggi legati a clamorosi fatti di cronaca, è inquadrabile nell'infotainment, «attività nella quale la conduttrice è peraltro coadiuvata da una redazione di giornalisti professionisti».La decisione è stata accolta con soddisfazione da Mediaset: «Esaminati i fatti, a seguito della generica ed esplorativa denuncia che pretendeva di inibire l'attività professionale di Barbara D'Urso nel programma Domenica Live in quanto non iscritta all'ordine dei giornalisti - comunica l'azienda - il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione del pm Mapelli in ragione della tutela dei diritti fondamentali, quali quello di libertà di manifestazione del pensiero». Iacopino aveva annunciato con un lungo post su Facebook la decisione di denunciare la D'Urso dopo un'intervista molto criticata che la conduttrice di Domenica Live aveva fatto ad un amico di Elena Ceste, la casalinga scomparsa e poi trovata morta nell'astigiano due anni fa. Il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti - che aveva presentato un'analoga denuncia anche all'Agcom, al Garante per la protezione dei dati personali e al Comitato Media e minori - contestava la spettacolarizzazione del dolore e l'invasione della privacy in alcune vicende di cronaca di cui si era occupata la trasmissione di Canale 5, come gli omicidi di Sarah Scazzi, di Yara Gambirasio e di Melania Rea, oltre a quello di Elena Ceste. Per Iacopino le interviste realizzate dalla D'Urso non tenevano conto dei limiti posti al diritto di cronaca dalla legge e dalle varie carte deontologiche che regolano la professione. E tutto questo avrebbe danneggiato l'immagine dell'Ordine. Ebbene, per il pubblico ministero che ha indagato sul caso non è affatto così. Perché è vero che la D'Urso non è iscritta all'ordine, ma il suo è un programma di infotainment che evidentemente non lo richiede e tra l'altro il lavoro dell'intera trasmissione è impostato da una redazione giornalistica a tutti gli effetti.Il gip ha firmato il provvedimento definitivo il 24 febbraio.

Per Mediaset si tratta di un «precedente giuridico importante che costituisce un punto fermo nel diritto della libera manifestazione del pensiero, a tutela di chiunque operi nel mondo mediatico e più in generale per tutti i cittadini».

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