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La giravolta di Prodi: da europeista convinto ora diventa rottamatore

Prodi si scopre rottamatore di un’Europa troppo filo-tedesca

La giravolta di Prodi: da europeista convinto ora diventa rottamatore

“L’Europa manca su tutti i fronti in questo periodo storico. Speriamo almeno che si trovi l’accordo sulla Grecia”. Parole di Matteo Salvini? Di Giorgia Meloni o di Nichi Vendola? No, la critica a muso duro alla politica di Bruxelles arriva da Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea, quello che per aderire all’euro ci mise un balzello aggiuntivo. In un’intervista concessa al Piccolo di Trieste, Prodi si scopre rottamatore di un’Europa troppo filo-tedesca: “È la Germania che dà un po’ di pluralismo alla situazione, ma fa tutto da sola. A confermare che l’Europa manca. Pure formalmente data l’assenza del suo rappresentante al tavolo”. E ancora: “Anche un po’ buffo che noi chiamiamo Europa quella che è Germania più Francia. Interessante poi che non ci fossero gli Stati Uniti al tavolo”, dice in riferimento ai colloqui tra Europa, Russia e Ucraina con cui Angela Merkel è arrivata a un controverso accordo.

L’ex premier lo considera un fatto nuovo “perché la Germania non aveva mai voluto in precedenza la responsabilità conseguente alla leadership”. L’assenza della Mogherini al vertice “fa parte della crisi europea”. Stupisce anche la posizione critica verso le sanzioni alla Russia: “Registro che non colpiscono gli Stati Uniti. Siamo andati a traino di una politica che non era né nel nostro interesse né in quello della pace”. Prodi, poi, inaspettatamente svela una natura velatamente antiamericana quando ammonisce l’Europa per aver subito la politica statunitense negli ultimi anni e ricorda che “nel 2008 alla riunione di Bucarest, vide l’Italia, assieme a Germania e Francia, votare contro la proposta di Bush di inserire Ucraina e Georgia nella Nato”.

Sulla Libia, invece, l’ex presidente della Commissione europea sembra rimpiangere il regime di Gheddafi: “La situazione è precipitata, ma la Libia da anni non è più governata. Il fatto che quel paese sia la concentrazione delle partenze clandestine è la conferma di come risulti diviso non solo nelle regioni tradizionali Tripolitania, Fezzan e Cirenaica, ma in varie altre tribù, oltre al governo di Tobruk”. E la colpa è “di una guerra sciagurata voluta sconsideratamente dalla Francia e che l’Italia ha seguito in modo folle e incomprensibile”.

Una situazione, quella della Libia, che rischia di compromettere la già grave situazione dell’immigrazione e per cui una soluzione può arrivare solo “a partire dagli accordi con i governi di provenienza, da un aiuto allo sviluppo, da intese sull’entrata primitiva e sulla redistribuzione tra i diversi paesi”. Né più né meno di quanto predica Salvini a cui lo accomuna il timore dell’anzata dell’Isis, un vero “pericolo imminente” per l’Europa.

Il prof, poi, scopre un’anima antieuropeista anche quando si parla di Grecia che non sarà mai in grado di ripagare il suo debito, nonostante la rinegoziazione. Sul suo futuro politico, infine, se la cava con una battuta, dribblando abilmente la domanda sulle sue ambizioni ai vertici dell’Onu, rispondendo che punta a diventare “direttamente Papa”

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