Cronache

Giudicate se Bossetti ha ucciso Yara Ma senza tirare in ballo le sue corna

All'imputato nel delitto di Yara si risparmi almeno l'umiliazione di vedere in aula gli amanti della moglie Marita

Giudicate se Bossetti ha ucciso Yara Ma senza tirare in ballo le sue corna

Le cronache, sempre pronte a descrivere con enfasi dettagli ininfluenti di ogni fatto, ci avevano informato tempo fa che la moglie di Massimo Bossetti (presunto assassino di Yara), Marita Comi, non disdegnasse qualche avventura amorosa, ovviamente fuori dal matrimonio, il che avrebbe creato in famiglia un clima poco idilliaco. Poi delle fuitine della signora non si è più parlato per un pezzo. Ma negli ultimi giorni, avviato il processo in Corte d'assise, i pettegolezzi pruriginosi sono tornati a bomba. È accaduto quando la pubblica accusa ha chiesto di ascoltare quali testimoni gli uomini con i quali Marita avrebbe avuto relazioni.

Meno male che la giuria ha respinto in parte la proposta, per cui all'imputato e alla consorte si spera sarà risparmiata l'umiliazione di lavare i panni sporchi in un'aula di giustizia. Ciò nonostante, non siamo soddisfatti. Rimane lo stupore (l'indignazione) suscitato dai pubblici ministeri con la loro pretesa di discutere di corna nell'ambito di un dibattimento incentrato su un omicidio. Se Bossetti ha ucciso una ragazzina (e bisogna dimostrarlo) che c'entra la sua sposa, per nulla coinvolta nell'assassinio? Si è arrivati a sostenere che i tradimenti (veri o no) di Marita avrebbero influito negativamente sull'equilibrio psicologico di Massimo, portandolo ad ammazzare l'adolescente. Una tesi talmente sgangherata da meritare, questa sì, l'intervento della psichiatria.

In realtà, si è scoperto che gli episodi di infedeltà della signora sarebbero avvenuti dopo (non prima) la morte di Yara, pertanto è da scartare che abbiano inciso sul delitto attribuito a Bossetti. Di qui l'assurdità dell'audizione degli amanti. D'altronde ci mancava solo, in simile vicenda torbida, una discettazione sull'adulterio quale propellente di atti criminali. Il punto però è un altro. Se un'indagine e un processo riguardano un omicidio compiuto da un uomo, che senso ha tirarne in ballo la consorte e frugare nelle pieghe riservate del suo comportamento privato? Ammesso e non concesso che Marita abbia deciso di abbandonarsi a qualche distrazione, sono casi suoi e non casi giudiziari. I peccati della carne non sono reati, e gli investigatori, nonché i magistrati, dovrebbero disinteressarsene per rispetto delle persone che li hanno commessi, ma anche del codice penale che non persegue le effusioni extraconiugali.

Come si fa a introdurre il gossip più basso nelle istruttorie? D'accordo che da parecchi anni le procure sono indaffarate ad ascoltare intercettazioni telefoniche e non cassano le più piccanti che, di conseguenza, finiscono sui giornali, comprese quelle penalmente irrilevanti; ma c'è un limite oltre cui non è lecito andare. Nella fattispecie, della reputazione di Marita è stato fatto strame con grave danno per l'intera famiglia.

Il rischio è che quelli di Bossetti, nelle chiacchiere popolari, siano definiti non soltanto figli di un assassino, ma anche figli di una poco di buono, la quale, mentre il marito era in galera con l'infamante accusa di aver tolto la vita a una ragazzina, si consolava abbracciando altri uomini. Un pericolo da evitare e, invece, ingigantito da metodi investigativi indegni di una nazione civile.

Tra l'altro, risulta che la signora Comi abbia sempre amorevolmente assistito Massimo, dal giorno dell'arresto a oggi. Inoltre, ha provveduto in proprio alla prole, confermando di essere una donna responsabile.

Cosa le si poteva chiedere di più? Sarebbe ora, infine, di giudicare ogni individuo tenendo conto che il cuore e il cervello di ciascuno di noi sono separati nettamente da quanto abbiamo (giudici inclusi) dalla cintola in giù.

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