Politica

Giuliano Ferrara: "Largo ai giovani e bando ai tromboni"

Il direttore del Foglio esorta il premier ad andare avanti togliendo dai piedi quelli della sua generazione

Giuliano Ferrara: "Largo ai giovani e bando ai tromboni"

Sulla prima pagina del Foglio oggi Giuliano Ferrara fa un elogio a Renzi e alla sua voglia di cambiamento e di rottamazione, contro i "soliti noti e i tromboni". E anche lui si mette nella suddetta categoria di persone di una certa età che, dopo aver fatto diverse cose, più o meno interessanti, ora è giusto che lascino il passo ai più giovani.

"Ho cominciato a frignare di giornalismo e di politica da bambino - scrive Ferrara partendo dagli albori della sua esperienza -. Facevo da teenager un giornale che si chiamava "La questione", fogli di menabò della tipografia dell'Unità, dove lavorava mio padre (...) A parte le ginocchia di Togliatti, e le cene famigliari con il Migliore, ho fatto il liceo classico e Sessantotto precoce, più il famoso autunno caldo". In un altro passaggio riflette sulla sua formazione: "E' stata la fabbrica, il terrorismo politico anni Settanta, come poteva vedere un quadro comunista sui vent'anni, con idee chiare e borghesi, ma ambientate nel secessionismo politico del movimento di classe torinese. Ho vissuto da comunista italiano tutte le stagioni della follia italiana: la strage di stato cosiddetta, e le sue conseguenze anche le più deliranti".

Merita spazio, in questa bella carrellata sul passato, l'esperienza successiva: "Divenuto anticomunista militante e notista politico professionale per un anno dei servizi americani, ho abbracciato da ex comunista il progetto di Craxi: competere con i comunisti e i democristiani, instaurare il decisionismo in un paese che non lo conosceva, sconfiggere il il conservatorismo dell'establishment anche con l'aiuto del patron televisivo Berlusconi".

E c'è spazio anche per un innamoramento riformista-liberista: "Mi sono entusiasmato per la Thatcher, anche alle Falkland, quando Craxi tifava per il colonnello argentino Galtieri, e per Reagan e la rivoluzione liberista degli anni Ottanta. Poi cose più note come la fine della prima repubblica, l'annientamento dei partiti e di Craxi, l'entrata in lizza dell'outsider Berlusconi, di cui fui consigliere politico e ministro del suo primo governo".

Infine la conclusione. Da cui emerge realismo e assai poca amarezza: "Vi pare che un tipo così possa ambire ad altro che a dire la sua ancora per qualche anno, in un angolo riparato del paese, senza ambizioni di eterodirezione della politica? Sono uno dei soliti noti, in un certo senso me ne vanto, in un altro senso capisco Matteo Renzi e l'insopprimibile bisogno di togliere di mezzo queste generazioni civili che, fatte alcune cose significative e buone, nella battaglia per una paese appena migliore, modernizzato e riformato, più ricco e decentemente eguale nelle opportunità per i suoi cittadini, hanno con onore perduto (...) Largo ai giovani e bando ai tromboni: non avrei mai pensato che potesse essere questo un programma civile, invece lo è".

Chissà se il manifesto-sfida di Ferrara, idealmente rivolto a quelli della sua egenerazione, farà proseliti.

Di certo fa riflettere.

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