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Il giurista di Di Maio che difese Facebook nel suicidio Cantone

Bellezza nell'inner staff del vicepremier che in Europa tutela i giganti del web

Il giurista di Di Maio che difese Facebook nel suicidio Cantone

«Gli uomini di oggi sono peggiori dei demoni, che almeno temono e tremano davanti a Dio». San Pio da Pietralcina è il biglietto d'ingresso alla pagina Facebook «Tiziana Cantone per le altre», voluta dalla mamma della giovane suicida nel 2016, dopo che i video hot girati col fidanzato divennero virali sulle piattaforme dell'universo web, senza controllo di contenuto e copyright, pur se la parola qui suona agghiacciante. La legge non le fu clemente: in teoria la sentenza diede ragione a Tiziana, in pratica lei avrebbe dovuto pagare migliaia di euro ai giganti che avevano diffuso la notizia con tutele giuridiche tali da non lasciarsi incastrare. Di più. Fu negato il diritto all'oblio a colei che era diventata il simbolo della gogna mediatica: per l'inflessibilità della rete era passato troppo poco tempo perché potesse essere dimenticata. Invece di continuare a difendersi, stremata dalla vergogna e dalle relazioni difficili, massacrata da una battaglia legale che vince solo un'Erin Brockovich su un milione e infatti la interpreta Julia Roberts, trovò il suo silenzio impiccandosi a un foulard.

Tra i consulenti legali di Facebook nella storia di una delle falene impazzite sul web, c'era anche l'avvocato Marco Bellezza (nella foto), oggi nello staff del vicepremier Luigi Di Maio, allora già abbastanza brillante da essere arruolato dalla piattaforma Zuckerberg in una causa truculenta. Vicenda da far urlare di dolore per il suicidio o per le quotazioni a picco del social network, in base ai punti di vista. Soldi e reputazione, inestricabile matassa. Bellezza fu un mister Wolf chiamato a dipanarla. Pare che almeno in parte ci sia riuscito e certo nessuno può condannarlo: tutti hanno diritto a una difesa e ogni avvocato a decidere chi difendere e chi no.

Ma la questione ha un amaro retrogusto politico. Bellezza è nell'inner staff della presidenza del consiglio dei ministri, tra le sette persone che vantano una diretta collaborazione con il vicepremier grillino, Luigi Di Maio. L'incarico è di rilievo: consigliere giuridico. La sintonia è nei fatti. Di Maio è uno dei più strenui difensori della legge che tutela le piattaforme web in nome della «libertà di espressione». A fine mese l'Europarlamento deciderà se imporre una piccola tassa ai giganti del web, per tutelare almeno economicamente i «piccoli» d'Europa che generano contenuti: creatività fatta di architettura, arti performative e visive, audiovisivi, libri, musica, pubblicità, quotidiani, periodici, radio, videogiochi.

Sembrano storie lontane mille mondi, Tiziana e il milione di lavoratori della cultura nelle sue infinite forme, piccoli e grandi geni da one percent inspiration, ninety-nine percent perspiration. Ispirazione e sudore cannibalizzate con il sostegno attivo di chi dovrebbe difenderti.

Mondi lontani in universi paralleli: non si fatica a immaginare vittime di soprusi intellettuali ferite a morte da un governo che a Davide preferisce Golìa.

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