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Il governo arriva in ritardo: "Pericolo da carceri e web"

Gentiloni presenta lo studio sull'estremismo jihadista Minniti: «Il nostro non è un Paese molto radicalizzato»

Il governo arriva in ritardo: "Pericolo da carceri e web"

Roma La radicalizzazione islamica in Italia ha una sua specificità «rassicurante», ossia conta decisamente meno foreign fighters - appena un centinaio - di buona parte dei nostri partner Ue.

Così esordisce il premier Paolo Gentiloni, presentando con il ministro dell'Interno Marco Minniti i lavori della commissione di studio su radicalizzazione e estremismo Jihadista, coordinata dal professore Lorenzo Vidino. Il punto fatto ieri sui lavori della commissione non ha però convinto tutti. Per esempio Fdi, con Giorgia Meloni che su Facebook critica la «folle politica delle porte aperte» dei governi a guida Pd, che «ci ha regalato in 3 anni 500mila clandestini in gran parte musulmani». Le fa eco anche il capogruppo alla camera del partito, Fabio Rampelli, che giudica senza mezzi termini «edulcorato» il rapporto illustrato ieri nella conferenza stampa a palazzo Chigi: «Non sappiamo - l'attacco dell'esponente Fdi - se la censura dei dati più significativi sia dettata dalla volontà di non creare allarmismo nell'opinione pubblica, già provata, o se serva a coprire le pesanti responsabilità del governo sul mancato oggettivo controllo dei flussi migratori».

Di certo, appunto, l'istantanea sui lavori della commissione mostra un quadro in chiaroscuro ma non terrorizzante, disegnando l'Italia come il paese con il minor livello di radicalizzazione rispetto ai partner del centro-nord Europa. Gentiloni, ricordando che il lavoro dell'organismo andrà avanti, ha stigmatizzato le «equazioni improprie tra fenomeni migratori e minaccia terroristica», e ha poi ricordato come carceri e web siano da noi i «luoghi d'elezione» per quanti intendono radicalizzarsi, pur non esistendo un «idealtipo dei soggetti che, in cerca d'identità, si radicalizzano». La prevenzione dunque parte dalla rete e dalle prigioni, e deve «ingaggiare e coinvolgere» la grande maggioranza delle comunità islamiche che vivono in Italia. Comunità che secondo Vidino vanterebbero «forti anticorpi», contribuendo alla bassa intensità del radicalismo jihadista nostrano..

Equazioni improprie o meno, parlando di immigrazione il premier ha anche aggiunto che l'altra medaglia dell'«attitudine umanitaria e di soccorso» sono «politiche di rigore e rimpatri efficaci». Un punto su cui è al lavoro il Viminale a guida Minniti, che ha spiegato in che modo il nuovo piano del ministero intende rendere i rimpatri effettivi e rapidi. Il punto, come noto, è la creazione di Cie in ogni regione, centri di identificazione ed espulsione che «non avranno niente a che fare con quelli del passato - spiega Minniti, replicando a quanti anche nell'opposizione hanno accolto con critiche la proposta - e non c'entrano nulla perché hanno finalità diverse, non c'entrano con l'accoglienza ma con chi dev'essere espulso». Il tema sarà sul tavolo della conferenza Stato-Regioni il prossimo 19 gennaio, ha aggiunto il titolare del Viminale, dove il ministro proporrà «strutture piccole», intorno a «1.500 posti in tutto, in un Paese con 60 milioni di abitanti».

Tornando al rischio della radicalizzazione e agli strumenti di prevenzione, Minniti ha ricordato come il fronte carcerario sia «molto ben presidiato» dall'amministrazione penitenziaria. Serve di certo una strategia generale che ancora non esiste in Italia, da affiancare all'integrazione. E serve grande attenzione sul web dove è attivissimo un «malware del terrore», un network al servizio della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista che va contrastato con un lavoro «non limitato per ovvie ragioni a un singolo paese».

Serve insomma una rete protettiva internazionale», chiude Minniti, frutto di «cooperazione tra governi e grandi provider».

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