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Il governo fa le corse per dare la cittadinanza a 800mila immigrati

L'esecutivo pensa alla fiducia sullo "ius soli" Ma i prodiani complottano contro Renzi

Il governo fa le corse per dare la cittadinanza a 800mila immigrati

«Da settembre, nella maggioranza sarà il Vietnam», dicono gli strateghi Pd del Senato. Per questo, prima di arrivare al «tana libera tutti» post vacanze, quando ogni finestra per le elezioni anticipate sarà chiusa e ogni partito che sostiene l'esecutivo si sentirà libero di fare come gli pare, si vorrebbe portare a casa più provvedimenti possibile.

La manovrina e voucher, ordinamento giudiziario, codice antimafia: l'elenco delle riforme approvate o da approvare è lungo, e lo ius soli è una di queste. Ieri Gentiloni ha incassato la fiducia di Palazzo Madama sulla manovrina: solo 144 voti, perché i bersanian-dalemiani di Mdp sono usciti dall'aula. E persino il viceministro agli Interni Filippo Bubbico, che fa parte del gruppetto scissionista, non si è votato la fiducia, con un tocco di quella comicità involontaria che nella sinistra radical hanno nel sangue. Prima sullo ius soli si era scatenata la bagarre, col violento dissenso dei leghisti che ha mandato in infermeria persino il ministro Fedeli. Del provvedimento - che dovrebbe interessare 800mila immigrati - si riparlerà dopo i ballottaggi, e il governo dovrà decidere se porre la fiducia per superare le decine di migliaia di emendamenti ostruzionistici, come chiede una parte di Pd.

Ma anche fuori dalle aule parlamentari lo scontro e la confusione sono forti, nel centrosinistra. Ieri Romano Prodi, attivissimo ormai nei corridoi della politica romana, si è fatto vedere accanto al premier Paolo Gentiloni ad un convegno sulla Cina organizzato dal capogruppo dei senatori Pd Zanda: «Ma era un appuntamento organizzato da mesi, quando Gentiloni era ancora agli Esteri», giura lui a chi già ipotizza nuovi ribaltoni nel Pd. E del resto l'ex premier bolognese ha fatto sapere che ieri ha incontrato anche Matteo Renzi. «Certo non racconto a voi cosa ci siamo detti», dice ai cronisti. Vista la solerzia di Prodi nel promuovere Giuliano Pisapia ciò che si muove (stentatamente) a sinistra del Pd, Renzi ha voluto sondarne le intenzioni a tu per tu. «Ottimo clima», dicono da entrambe le parti, raccontando che si è parlato di maggioritario e di alleanze a sinistra.

Ma attorno a Renzi è partita una nuova infernale giostra, che ha l'obiettivo di disarcionarlo prima delle prossime elezioni politiche 2018. Il primo appuntamento ravvicinato è tra due domeniche, con i ballottaggi e la speranza che il Pd ne perda il più possibile, per dare una nuova botta al segretario. L'elenco dei congiurati lo fa un dirigente parlamentare del Pd: «Prodi, Veltroni, Letta, Napolitano, Orlando e diversi ministri, oltre naturalmente ai soliti Bersani e D'Alema, e ovviamente De Benedetti e la Repubblica: sono tutti uniti dallo stesso obiettivo, impedire a Matteo Renzi di essere colui che porterà il Pd al voto come candidato premier, nel 2018», spiega. Come? Inventando una coalizione di centrosinistra (il laboratorio di Repubblica è attivissimo nel promuovere partiti che non esistono, come il Campo progressista di Giuliano Pisapia) e imponendo, quando sarà il momento, primarie di coalizione che scelgano il leader. «Con l'obiettivo di farle perdere a Renzi», spiega chi tifa per questa ipotesi. Con chi pensino di sostituire Renzi non è ancora chiaro, vista la penuria di materiale da premiership: «I congiurati sono i primi a sapere che l'ex sindaco di Milano non ha certo la stoffa del leader, ma agli elettori può sempre essere proposto come una grande novità, una specie di via di mezzo tra Corbyn e Sanders. E comunque, più seriamente, c'è sempre Paolo Gentiloni. Che il premier lo sa fare». Far saltare l'asse tra Renzi e Gentiloni, però, non sarà facile, e gli stessi «congiurati» non mettono in discussione la lealtà di Gentiloni.

Ma, sperano, che al momento del bisogno «Paolo non potrà non assumersi le sue responsabilità».

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