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Il governo ferma il nuovo fisco per paura che aiuti il Cavaliere

Il premier furibondo per il pasticcio dello staff. Il testo, scritto da Gallo e Ceriani, ha avuto l'ok della Orlandi, dell'Agenzia delle entrate, e della Manzione, portata da Matteo a Palazzo Chigi

Il governo ferma il nuovo fisco per paura che aiuti il Cavaliere

Sembra che questa volta, Matteo Renzi sia andato davvero fuori dai gangheri. Non tanto per la norma che introduce franchigie per chi ha eluso una quota di imponibile fiscale. Quanto per chi non ha sorvegliato l'elaborazione del provvedimento.

Il testo in questione - annuncia il presidente del Consiglio - non verrà presentato in Parlamento. «La proposta tornerà prima in Consiglio dei ministri - annunciano a Palazzo Chigi - Poi verrà trasmesso alle commissioni parlamentari».

Ed al Tg5 , Renzi conferma: «Se qualcuno immagina che in questo provvedimento ci sia non si sa quale scambio, non c'è problema. Noi ci fermiamo. Questa norma la rimanderemo in Parlamento soltanto dopo l'elezione del Quirinale, dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone e dimostreremo che non c'è nessun inciucio strano».

Già, perché - secondo alcune interpretazioni - la franchigia introdotta per i contribuenti che avrebbero eluso una quota di imponibile riguarderebbe anche Silvio Berlusconi. Al ministero dell'Economia escludono che la norma sia applicabile alle vicende giudiziarie del Cavaliere. Lo stesso ripetono a Palazzo Chigi: una sentenza passata in giudicato (come quella di Berlusconi) non può essere svuotata da una successiva, sottolineano.

Ma è bastato accennare l'eventualità per bloccare una misura che - alla presidenza del Consiglio - viene definita «rivoluzionaria». «Il nostro governo - commentano a Palazzo - non fa norme ad personam o contra personam . Fa norme che rispondono all'interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini». Infatti, il decreto in questione viene «congelato» per 90 giorni.

Risolto il problema pratico (la sospensione del provvedimento), per Renzi si è aperto il capitolo di «come è potuto succedere» un incidente di questo tipo. Il testo del provvedimento battezzato «certezza del diritto» è stato materialmente elaborato da una commissione di esperti istituita al ministero dell'Economia, e presieduta da Franco Gallo (ex presidente della Corte costituzionale, ex ministro delle Finanze, attualmente presidente della Treccani).

Deus ex machina della commissione e del testo oggi criticato è stato Vieri Ceriani, consigliere di Padoan per le questioni fiscali. Ha elaborato l'articolato in modo così riservato che nemmeno il gabinetto del ministro aveva ricevuto il testo, prima dell'approdo a Palazzo Chigi alla vigilia di Natale. Sembra che solo Rossella Orlandi, responsabile dell'Agenzia delle Entrate, abbia visto una bozza del provvedimento prima di essere inviato alla presidenza del Consiglio.

A Palazzo Chigi, però, lo deve aver per forza analizzato il dipartimento affari giuridici e legislativi, gestito da Antonella Manzione: il capo dei vigili urbani di Firenze che Renzi ha fortemente voluto in quella posizione.

È possibile che tutti questi esperti di politica tributaria (da Gallo a Ceriani, dalla Orlandi alla Manzione) non si siano accorti che la franchigia introdotta nella norma avrebbe finito per beneficiare - secondo alcuni interpretazioni, sbagliate a quanto pare - proprio Silvio Berlusconi? Di cui basta evocare il nome per innescare polemiche.

Matteo Renzi sarebbe ancora incerto se prendersela con i suoi collaboratori o se attribuire la responsabilità della polemica a quanti - nel suo partito e non solo - vogliono far saltare il Patto del Nazareno.

Una cosa è certa: il 2015 è partito in salita per il presidente del Consiglio.

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