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Quel governo istituzionale che non ha voti nel Palazzo

La rincorsa del capo dello Stato per superare lo stallo L'ipotesi di un esecutivo di minoranza e il rischio flop

Quel governo istituzionale che non ha voti nel Palazzo

C'è un giocatore fuori-quota non ancora sceso in campo, in questa partita inchiodata sullo zero a zero fin dal 4 marzo (senza assurgere neppure a «partita perfetta» decantata da Gianni Brera). Il fatto che lo stallo fosse in qualche modo atteso, non ne sminuisce gli effetti negativi sul sistema politico e, guardando più in là, su quello economico. Ma per i Padri costituenti, quando il sistema fatica, mostra le corde, s'inceppa su veti contrapposti, una soluzione c'era (c'è ancora): l'arbitro può dismettere i panni del maieuta di desideri altrui e sfoderare «effetti speciali».

La storia è ricca di esempi, i Presidenti chiamati all'«interventismo» se ne sono inventate di ogni tipo; solo per stare al recente passato, assoluto specialista del genere s'è dimostrato Giorgio Napolitano (auguri): la nomina di Mario Monti senatore a vita e subito dopo a premier «tecnico-politico» incaricato. Quindi invitato a tenersi fuori dalla contesa elettorale, con successivo approdo di Letta jr, Renzi e Gentiloni. Tutti parti «presidenziali» senza controprova popolare. Di genere simile a quello di Monti, i governi di fine prima Repubblica imposti da situazioni di particolare gravità: Ciampi e Amato. Ogni crisi però ha peculiarità irripetibili, così che Scalfaro s'inventò un Dini «tecnico» ribaltatosi poco dopo in Dini «politico» e anti-Berlusconi (che pure l'aveva indicato). Ai tempi della Dc era un po' più semplice, perché le formule (compresa la «non sfiducia» andreottiana, i monocolori di minoranza e i governi «balneari») erano creazioni esclusive dei caminetti correntizi.

Lunedì prossimo Sergio Mattarella, se lo riterrà necessario, sarà chiamato a cimentarsi nel genere prospettando soluzioni, chiedendo prove di affidabilità, cercando di smussare angoli. Nel week end la «macchina del Quirinale» s'è messa già in moto per sondare riservatamente attori, registi, eventuali comparse. Si parla di «governo di tregua», termine giornalistico che sottolinea la necessità di contenere un'inesauribile litigiosità. Allo stesso modo, non sussiste a rigor di diritto costituzionale un esecutivo del Presidente. Le categorie tra le quali scegliere sono l'esecutivo «tecnico», mirato a fronteggiare (soprattutto) gli adempimenti economici e con personalità extra-partiti, oppure uno «politico».

Questa è l'ipotesi più quotata: la matrice politica ricalcherebbe, a parti invertite, quella che sorresse il governo Letta, votato all'inizio anche dal centrodestra di Berlusconi. Anche perché M5S ha chiuso la sua (breve) stagione della responsabilità e punta a tornare forza «anti-sistema» per sfruttare al meglio un'opposizione dura e massiccia, favorita da un esercito di parlamentari (334). Qualora perdurasse l'incompatibilità Lega-Pd, si potrebbe immaginare un esecutivo di minoranza, a guida centrodestra o neutrale, che partirebbe con la «non sfiducia» dei più refrattari. Ma è escluso che il Quirinale possa mandare in Parlamento un governo «di tutti e di nessuno», senza la «solidità» di una matrice precostituita. In entrambi i casi - tripartito o monocolore di responsabili - l'approdo minimo richiesto sarà quello di giungere a primavera '19 per nuove elezioni. Si sa che il Colle però sarebbe ben felice se il nuovo assetto potesse consolidarsi e navigare verso le colonne d'Ercole della legislatura.

Sarebbe pur sempre la nascita della terza Repubblica, dopo travaglio.

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