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Il governo non aspetta. Blitz per blindare Saipem

Gentiloni è già un ex ma vuole piazzare Caio alla guida della big dell'ingegneria petrolifera

Il governo non aspetta. Blitz per blindare Saipem

Il governo dimissionario prova a fare un blitz e a cambiare i vertici della Saipem senza aspettare il prossimo esecutivo. Alla presidenza del gruppo energetico-ingegneristico il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni vuole fortemente mandare Francesco Caio, ex manager di tante società italiane, ultime le Poste, prima che sia troppo tardi.

L'operazione sta andando in porto in queste ore negli uffici della Cdp, la Cassa Depositi e Prestiti, e in quelli dell'Eni, che insieme hanno un accordo di voto sul 42,9% del capitale della Saipem (di cui Cassa detiene il 12,5 e il cane a sei zampe, a sua volta controllato dalla stessa Cassa, il 30,4%). Ma in verità il pallino è in mano al Mef, il Ministero dell'Economia, che controlla a sua volta l'83% della Cdp e che quindi fa il bello e il cattivo tempo sulle nomine delle controllate. Cdp ed Eni eseguono gli ordini.

Il consiglio della Cdp che, in tandem con Eni scriverà la lista dei futuri consiglieri di Saipem, dovrebbe tenersi domani. Dalla lista dei 9 nomi che verrà presentata in assemblea, per il meccanismo statutario di voto l'azionista di maggioranza ne farà eleggere sei, mentre gli altri tre arriveranno dalle liste presentate dalle minoranze. Le indiscrezioni prevedono la conferma dell'ad Stefano Cao, ma la sostituzione del presidente con l'inserimento di Caio al posto dell'attuale Paolo Colombo. Gli altri quattro nomi completeranno il blitz. Anche se, formalmente, i tempi non sono stati forzati. Ma è qui che si nasconde il diavolo.

L'assemblea di Saipem è infatti fissata il 5 maggio e la presentazione delle liste per i consiglieri va fatta almeno 25 giorni prima. Quindi sembra tutto regolare. Eppure, se l'attuale governo e il Mef avessero voluto, avrebbero probabilmente potuto chiedere un rinvio delle date delle assemblee per le società quotate, dando più tempo per la condivisione dei manager. Un'operazione di questo tipo fu messa in piedi, per esempio, dal governo Prodi nel 2008, che in vista dei rinnovi dei vertici di tutte le maggiori partecipate decise di rinviarli il più possibile per permettere a chi avrebbe vinto le elezioni politiche di occuparsene (e infatti le vinse Berlusconi). In questo caso, invece, pur essendo nota da tempo la data delle elezioni politiche, le agende per le nomine non sono cambiate granché. Con alcuni casi veramente clamorosi

Come quello delle Ferrovie, i cui vertici erano in scadenza a primavera, come per la Saipem. E che invece sono stati rinnovati a poche ore dalla fine dell'anno scorso con un vero e proprio blitz: nell'assemblea fissata per la fusione delle Fs con l'Anas, il Mef ha inserito nell'ordine del giorno anche il rinnovo del cda per il prossimo triennio. E in questo modo il renziano Renato Mazzoncino ha ottenuto una conferma politica del tutto discutibile. E se ora per Saipem le cose andranno avanti come previsto sarà difficile pensare che ci siano state quelle «intese di carattere generale che coinvolgano l'esecutivo uscente e l'attuale Parlamento» auspicate dal ministro dell'Economia in pectore, Andrea Roventini.

E se Saipem rappresenta una società di seconda linea rispetto ai big di Stato, quello che conta è il metodo, con il quale un esecutivo senza fiducia del Parlamento continua a fare scelte di lungo periodo. Ma il bello deve ancora venire e riguarda proprio la Cdp. I cui vertici vanno nominati entro fine giugno.

E quelli sì che sono pezzi da Novanta.

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