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Con il governo del non fare l'Italia finisce fuori dai Giochi

Giorgetti chiude la candidatura "unitaria" per il 2026. I Cinque stelle esultano: faremo il reddito di cittadinanza

Con il governo del non fare l'Italia finisce fuori dai Giochi

«Niente Olimpiadi, è morta lì». La sentenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti arriva nel primo pomeriggio. E in una sede parlamentare, dunque ufficiale.

Sembra la fine di ogni speranza per l'Italia, che si presentava alle candidature per i Giochi invernali del 2026 con un «tridente» composto da Milano, Torino e Cortina. «Il governo non ritiene che una candidatura fatta così possa avere ulteriore corso. Questa proposta non ha il sostegno del governo e come tale è morta qui», spiega il leghista di Palazzo Chigi, nelle cui mani sta l'ingarbugliato dossier. I Cinque stelle sono tutti contenti: loro alle Olimpiadi sono, per ragioni imperscrutabili, sempre contrari, e la candidatura di Torino stava provocando un sacco di guai interni, con i grillini della Regione e del Comune che sulla candidatura davano addosso alla sindaca Appendino, che atterrita non sapeva più come cavarsi di impaccio. «Ora quei soldi che avremmo dovuto buttare per le Olimpiadi li potremo usare per il reddito di cittadinanza», spiegavano tutti contenti i parlamentari Cinque stelle a Montecitorio, bevendosi uno spritz alla buvette.

C'è voluta loro qualche ora per realizzare di essere probabilmente caduti in un trappolone, e con tutte le scarpe. Quel «morta lì» di Giorgetti, a ben vedere, non è una pietra tombale sulla candidatura italiana ai Giochi invernali, ma solo sulla candidatura di Torino, resa ingestibile dalla giunta Appendino e dal caos politico al suo interno. Subito, infatti, si sono fatti sentire i due governatori leghisti di Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia: «Arrivati a questo punto è impensabile gettare tutto alle ortiche. La candidatura va salvata, per cui siamo disponibili a portare avanti questa sfida insieme. Se Torino si chiama fuori, e ci dispiace, a questo punto restano due realtà, che si chiamano Veneto e Lombardia, per cui andremo avanti con le Olimpiadi del Lombardo-Veneto». Bye bye Appendino, si va avanti. Della partita è ovviamente anche il sindaco dem di Milano, Beppe Sala, che sulla questione Olimpiadi si è sempre mosso in perfetta sintonia col governatore leghista: «La proposta di Zaia e Fontana - afferma - merita un rapido approfondimento. La mia posizione è nota, ma questa soluzione può funzionare». E il Coni annuncia di avere già studiato un piano B, e che oggi a Losanna presenterà al Cio il progetto di candidatura a due: «Milano-Cortina 2026».

Insomma tutto era già pronto, in una diabolica strategia triangolata tra Lega, Coni e Pd, per togliersi di torno la variabile impazzita di Torino e andare avanti con chi «sa che sarebbe un errore imperdonabile consentire ai grillini di annientare ancora una volta le chance olimpioniche del Paese, come già hanno fatto a Roma», spiega un esponente del Carroccio. Quando in casa M5s capiscono di essere stati presi in giro, è già troppo tardi e a Di Maio tocca far buon viso a cattivo gioco, scaricando ogni colpa su Malagò: «Abbiamo purtroppo pagato l'atteggiamento del Coni che non ha avuto il coraggio di prendere una decisione chiara sin dall'inizio, creando una situazione insostenibile, in cui come al solito si sarebbero sprecati soldi dello Stato». Ora, intima, chi vuol candidarsi deve pagare di tasca sua. La Lega fa mostra di dargli ragione, con Giorgetti e Salvini che spiegano che toccherà a Veneto e Lombardia trovare le risorse. L'importante, per ora, è garantire che l'Italia, nonostante M5s, sia candidata.

Poi i soldi si troveranno.

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