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Il governo è salpato. Ma su fisco e lavoro deve già cambiar rotta

Si vuole evitare l'aumento dell'Iva: dual tax e reddito di cittadinanza ora si allontanano

Il governo è salpato. Ma su fisco e lavoro deve già cambiar rotta

Dal lavoro al fisco, fino all'Europa. Il governo ha ottenuto la fiducia da nemmeno tre giorni e già si registrano correzioni di rotta. Alcune esplicite, come la presa di distanze di Luigi Di Maio da Beppe Grillo sull'Ilva, le precisazioni di Paolo Savona sull'Europa.

Altre sottotraccia, in attesa di un'ufficializzazione che arriverà solo quando la coalizione gialloverde varerà il suo vero primo documento ufficiale, cioè la risoluzione di maggioranza al Def. Sarà una prova di credibilità per il nuovo governo. Un atto di indirizzo parlamentare che generalmente non ha molto peso, ma che in questo caso assumerà una valenza particolare vista l'attenzione che gli investitori internazionali stanno riservando (in negativo) all'Italia.

Per questo è certo che nel documento M5s e Lega daranno al governo l'indicazione di bloccare gli aumenti dell'Iva che deprimerebbero il Pil del 2019 per una cifra stimata intorno ai sette miliardi di euro. Spazio anche alla pace fiscale, cioè ad una rottamazione delle cartelle esattoriale pagando una percentuale che dovrebbe essere in proporzione al reddito del contribuente. Comunque entrate fresche per una cifra che potrebbe arrivare a 5 miliardi di euro.

La rottamazione e l'Iva saranno i principali provvedimenti fiscali del governo per il 2019. Perché i tempi per la dual tax, cioè il sistema a due aliquote che ha sostituito la flat tax del programma del centrodestra, si stanno allungando. Oltre alle coperture, ci sono altri problemi. Ad esempio si stanno valutando gli effetti del nuovo sistema e stanno anche arrivando input politici affinché la proposta iniziale sia modificata, introducendo regimi di favore per alcune categorie di contribuenti. Ad esempio le famiglie numerose.

Avvio graduale, con qualche spiraglio per il 2020 anche per il reddito di cittadinanza. Nella risoluzione al Def, quindi nella legge di Bilancio che il governo varerà a metà ottobre, ci sarà la riforma dei centri per l'impiego. Il governo Gentiloni li aveva già rafforzati con 1.600 assunzioni, con il sussidio dei pentastellati dovranno farsi carico di lavoro extra. La riforma ha anche un valore politico, nel senso che riempirà momentaneamente il vuoto creato dall'assenza del reddito di cittadinanza.

Sul fronte delle pensioni, ieri il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi Di Maio ha annunciato che il suo dicastero è già al lavoro per tagliare quelle d'oro. «Le taglieremo con un tetto: chi prende di pensione più di 5 mila euro netti e non ha mai versato i contributi per avere quella pensione d'oro, prenderà una pensione per i contributi che ha versato».

Per il resto, Di Maio ha confermato che il ministro dell'Economia Giovanni Tria è al lavoro per scongiurare l'aumento dell'Iva. «Per quanto riguarda le coperture, ci prendiamo un impegno» a trovarle, ha precisato.

Il governo sarebbe intenzionato a non toccare per il momento le tax expenditures, cioè le agevolazioni fiscali. Si fa strada l'ipotesi di tagli lineari o altre tasse non impopolari, come la web tax. Il governo di Giuseppe Conte, insomma, è alle prese con le stesse grane dei precedessori. Ma in un contesto drammatico, come ha sottolineato ieri l'esponente di Forza Italia Renato Brunetta.

Senza il Quantitative easing «per l'Italia verrebbe meno il paracadute della Bce e il nostro debito pubblico sarebbe lasciato totalmente in mano al mercato».

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