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Il terrore viaggia sulle navi fantasma

Ecco perché il governo ora teme l'immigrazione fuori controllo

Il terrore viaggia sulle navi fantasma

E dopo 12 mesi di smentite e dinieghi il governo Renzi smentì se stesso. L'ammissione del Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni secondo cui «ci sono dei rischi d'infiltrazione anche notevoli di terroristi dall'immigrazione» è una Rivoluzione Copernicana. E la successiva rettifica della Farnesina secondo cui non ha senso «stabilire generiche relazioni tra terrorismo e immigrazione» non cambia le cose.

Gentiloni, evidentemente in possesso di nuove informazioni, innesca una clamorosa retromarcia su quell'autostrada del diniego su cui per un anno hanno marciato compatti, Angelino Alfano in testa, ministri e vertici istituzionali. Un'autostrada su cui - 24 ore prima di venir contraddetto da Gentiloni - s'era nuovamente incolonnato il responsabile del Viminale assicurando di non aver mai «trovato nessun nesso tra immigrazione e terrorismo».

Ma - a poche ore dell'incontro di Londra con gli alleati nella lotta al terrorismo e allo Stato islamico - la verità deve essersi fatta imbarazzante. Una verità figlia - stando a fonti del Giornale - di due filoni d'indagini battuti da inquirenti e servizi di sicurezza. Il primo riguarda la dozzina di navi fantasma salpate dalla Turchia e approdate tra ottobre e gennaio sulle nostre coste. Il secondo è legato all'espulsione di nove immigrati allontanati tra fine dicembre e metà gennaio per sospetti legami con i fondamentalisti islamici.

Il fenomeno più preoccupante sembra però quello della dozzina di navi di grosso tonnellaggio salpate dalla Turchia. Una Turchia da dove transitano anche migliaia di combattenti stranieri in entrata ed uscita dalla Siria. La differenza cruciale, quella che più inquieta, sta proprio qui. Probabilmente quasi nessuno dei reduci siriani ha mai pensato di tornare in Europa raggiungendo la Libia e cercando un passaggio su un guscio di noce sballottato dalle onde del Mediterraneo. Un combattente straniero rientrato in Turchia dalla Siria e deciso a tornare in Europa potrebbe però utilizzare assai volentieri le navi da oltre 70 tonnellate in partenza da Mersin e altri scali turchi. Salendoci dopo essersi dotato di documenti - facilmente reperibili al mercato nero turco - ha sicuramente maggiori possibilità di sfuggire ai controlli aeroportuali o alle incognite di un lungo viaggio via terra.

Quel che più preoccupa gli inquirenti sono però le coperture di cui godono in Turchia gli organizzatori di un traffico che in tre mesi ha visto partire oltre sedici mercantili stracolmi di uomini. Un traffico iniziato il 28 settembre con la nave cargo Storm seguita dal cargo Tiss il 15 ottobre, dal Vitom il 21 ottobre e il 29 ottobre e il 19 novembre da altri due bastimenti senza nome. Tra il 5 dicembre e il 4 gennaio sono arrivati in successione la Vitriol, la Sandy, la Zain, la Polaris, la Merkure, il Blue Sky e l'Ezadeen. Com'è possibile che quest'autentica flotta non sia stata bloccata dall'intelligence e dalla marina turca? Forse perché quell'intelligence, agguerritissima nel gestire gli aiuti ai ribelli siriani, non ha alcun interesse a fermare delle navi su cui viaggiano profughi destinati altrimenti ai campi profughi turchi. Né i terroristi nascosti in mezzo a loro. Un'indisponibilità ribadita dal premier turco Ahmet Davutoglu che ieri ha ripetuto al quotidiano inglese Independent l'impossibilità di bloccare i jihadisti in transito dall'Europa.

Ma a mettere in imbarazzo il governo contribuiscono anche precedenti verità sui rapporti tra le organizzazioni jihadiste libiche e i trafficanti di uomini. Verità emerse durante il dibattito al Senato su Mare Nostrum dell'11 giugno quando l'ex ministro della Difesa Mario Mauro ricordò i 12 scafisti egiziani catturati dalla nostra Marina Militare affetti da un ceppo di tubercolosi diffusa «in due soli posti al mondo: il Waziristan e il Sud dell'Afghanistan».

«Di cos'altro abbiamo bisogno per capire - domandava Mario Mauro - che i terroristi fruiscono e lucrano anche su ciò che la criminalità organizzata fa a proposito del traffico di esseri umani?».

Domanda a cui devono aver fatto seguito, sei mesi dopo, molte risposte concrete.

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