Economia

Prima grana per Di Maio Ora Foodora minaccia: pronti a lasciare l'Italia

L'azienda contro la stretta al precariato dei rider. Ma il grillino: «Tutelo i ciclo-fattorini»

Prima grana per Di Maio Ora Foodora minaccia: pronti a lasciare l'Italia

«Se Di Maio vuole che i player tecnologici lascino l'Italia lo dica chiaramente». È qualcosa in più di un avvertimento, suona come una minaccia recapitata a mezzo stampa.

Così dalle colonne de Il Corriere della Sera, l'amministratore delegato di Foodora Italia, Gianluca Cocco, stronca l'atto di esordio del neo ministro del Lavoro. La bandiera del primo provvedimento del suo mandato, il cosiddetto «decreto dignità», sono proprio loro: i «riders». Noi li chiameremmo «ciclofattorini delle consegne a domicilio», comunque ragazzi che sfrecciano in sella a bici e scooter per portare nelle nostre case cibo e bevande. Di Maio li ha eletti «simbolo di una generazione abbandonata». Ma per Cocco, «se fossero vere le anticipazioni del decreto dignità che il ministro Di Maio ha fornito alle delegazioni di riders incontrate», il destino è segnato. Altro che lotta al precariato, qui si rischia di dire addio ad un settore, quello delle piattaforme digitali, che solo in Italia vale 450 milioni di euro. Sì perché, a proposito della bozza del decreto dignità, il managing director di Foodora Italia è tranchant: «Quella che filtra è una demonizzazione della tecnologia che ha dell'incredibile, quasi medievale e in contraddizione con lo spirito modernista del Movimento 5 Stelle». Le ragioni della stroncatura sono presto dette: «Il decreto ingessa la flessibilità, parte dal riconoscimento dell'attività dei riders come lavoro subordinato». E così «gli operatori saranno costretti ad assumere tutti i collaboratori, chiuderanno i battenti e trionferà il sommerso». Il dubbio, secondo Cocco, è che il neo ministro «abbia ricevuto informazioni inesatte sul nostro business» perché «più del 90% dei riders indica la flessibilità come un pregio di questo lavoro». Tuttavia, da parte di uno dei maggiori player del settore del delivery food, c'è la disponibilità «a sostituire il pagamento a consegna, con altre forme come il minimo garantito, la paga oraria oppure sistemi misti con base oraria più parte variabile». Allo stato dell'arte, infatti, i cosiddetti «riders» guadagnano, al netto della contribuzione Inps e Inail, 3,60 euro a consegna.

Dopo qualche ora arriva la replica di Luigi Di Maio che, oggi alle 18, incontrerà non solo una delegazione di ciclofattorini, ma anche le rappresentanze di Foodora, Deliveroo, JustEat, Glovo e Domino's Pizza per cercare di mettere tutti d'accordo. «Da ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico - si difende su Facebook - ho tutta la volontà di favorire la crescita di nuove attività legate alla gig economy e nessuno vuole demonizzare le attività legate all'uso di piattaforme innovative». Ma, avverte il vicepremier, «ho il dovere di tutelare i ragazzi che lavorano in questo settore». È ancora Foodora a dire la sua: «Credo che la migliore tutela per questi ragazzi sia quella di offrire un mercato del lavoro attivo e vivace, pieno di opportunità e con le tutele massime possibili, pur sempre tenendo a mente la sostenibilità del modello». Insomma, quella di questo pomeriggio sarà un'intesa difficile da trovare.

Anche Matteo Salvini è sulle barricate e, in serata, spezza una lancia a favore del «collega» rivendicando la bontà del provvedimento: «È ora di smettere di trattare i lavoratori come pezze da piedi o numeri da consumare».

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