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Il grande incubo di Di Maio: essere scavalcato dal rivale Fico

Da presidente della Camera potrebbe scalfire la sua leadership

Il grande incubo di Di Maio: essere scavalcato dal rivale Fico

Roma Luigi Di Maio teme una doppia trappola. La minaccia arriva sia dall'interno del M5s che dagli altri partiti. Ieri, dopo l'incontro della sera precedente con neoeletti parlamentari, il capo politico dei grillini, dal suo profilo Facebook, ha subito fissato i paletti per le trattative dei prossimi giorni: «Il nuovo governo dovrà rispettare la volontà dei cittadini che hanno votato un programma e una squadra. Noi abbiamo aperto a tutte le forze politiche, abbiamo chiesto a tutti responsabilità per far partire un governo presieduto da me».

Si sa, il diritto costituzionale non è il piatto forte del leader del M5s, che ignora come l'Italia sia una Repubblica parlamentare, ma il messaggio recapitato al capo dello Stato Sergio Mattarella e alle altre forze politiche è abbastanza chiaro: Di Maio vuole sedersi al tavolo delle trattative, rivendicando una fetta di poltrone per il M5s. A cominciare dal primo passaggio chiave della prossima legislatura: l'elezione dei presidenti di Camera e Senato: «Siamo aperti al confronto ma chiaramente pretenderemo il riconoscimento del voto degli italiani che ci hanno indicato come prima forza politica del Paese». Riconoscimento che si tradurrebbe nella richiesta di una presidenza per i pentastellati. Operazione difficile a Palazzo Madama: il centrodestra dalla quarta votazione in poi ha i numeri al ballottaggio per eleggere in autonomia il presidente del Senato. La missione vira, dunque, su Montecitorio. Di Maio vuole per un grillino per la poltrona della presidenza della Camera. Per chi? Il nome più accreditato negli ambienti del Cinquestelle è quello di Roberto Fico. Il presidente della commissione di Vigilanza Rai rappresenta il secondo incubo per Di Maio. Il leader del M5s teme che, affidando lo scranno più alto della Camera al rivale interno, leader dell'ala dura e pura del Movimento, il suo ruolo ne uscirebbe ridimensionato. Sia sul piano interno che nella fase di formazione di un eventuale esecutivo. Fico, approdando alla presidenza di Montecitorio, avrebbe una funzione centrale nelle consultazioni con il Colle. Senza scartare l'ipotesi che, in caso di stallo, il Quirinale potrebbe affidare alla terza carica dello Stato il compito di guidare un governo del presidente che avrebbe un'unica missione: riformare la legge elettorale e ridare la parola agli elettori. Anche se quest'ultimo scenario è il meno plausibile: Mattarella difficilmente affiderebbe a un grillino la guida di un governo di scopo ma opterebbe per una personalità esterna. Però con Fico alla guida della Camera, Di Maio si ritroverebbe spiazzato e soprattutto la sua leadership perderebbe forza anche all'interno dei Cinquestelle. Al contrario, il presidente della commissione Rai si ritroverebbe ad essere il leader vero del M5s.

I timori del capo politico si sono già materializzati con la scelta di nominare, senza passare per una consultazione democratica, i capigruppo di Camera e Senato del M5s. Di Maio vuole giocarsi bene le carte.

E soprattutto sa che la chance ricevuta con il voto del 4 marzo potrebbe essere l'unica e l'ultima per costruire la sua leadership.

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