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La grande tela dei renziani per fare affari con Doha

Con l'ex premier le relazioni erano fitte e lo Stato arabo doveva entrare in Mps. Rapporti stretti anche con Intesa

La grande tela dei renziani  per fare affari con Doha

Una volta l'Economist ha definito il regno di Doha come «il pigmeo col pugno di un gigante». Più che il pugno, ad aprire le porte sono i petroldollari perchè il Qatar è un paese del Golfo Persico più o meno grande come l'Abruzzo ma ha il portafoglio gonfio di liquidità e un fondo sovrano - Qia (Qatar Investment Authority) - nella top ten mondiale per capacità di spesa. Lo sa bene anche l'ex premier Matteo Renzi che agli emiri ha steso tappeti rossi, dentro e fuori la sua Toscana. Fino a sponsorizzare l'arrivo del fondo come salvatore del Montepaschi nell'inverno 2016, ipotesi circolata per settimane prima del flop dell'aumento di capitale che poi per Siena ha portato all'intervento dello Stato.

In un'intervista a Repubblica il 15 gennaio Renzi ha difeso il suo appello a comprare titoli Mps («È un bell'affare», aveva detto a dicembre mentre la banca andava rotoli) tirando in ballo proprio gli arabi: «Ho detto in pubblico quel che ho ripetuto a tutti gli investitori stranieri. Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante, il fondo del Qatar, che ha detto no il giorno dopo il referendum per l'instabilità politica».

Per alcuni osservatori l'interesse dei qatarini, peraltro mai confermato da Doha, era solo frutto dello «storytelling» renziano. Di certo, le strade fra Matteo e la famiglia dell'emiro Tamim al-Thani si sono incrociate di frequente. Come ha ricostruito di recente l'Espresso dedicando una copertina a «Matteo d'Arabia». E ricordando lo shopping immobiliare fatto a Firenze dal piccolo Stato del Golfo.

A cominciare dal Four Seasons, hotel a cinque stelle dove oggi Renzi occupa una stanza adibita a ufficio privato, acquistato da al-Thani quattro anni fa. Senza dimenticare la nuova rotta aperta di recente dalla Qatar Airways da e per Pisa, scalo controllato dalla società Tosca Aeroporti presieduta da Marco Carrai, il richelieu renziano. La «Qatar connection» sembra continuare anche con Renzi fuori da Palazzo Chigi: il 3 maggio La Stampa scriveva che per salvare l'Alitalia Matteo avrebbe chiesto aiuto all'amico al-Thani, già acquirente del 49% di Meridiana, con cui si scambia «frequenti sms». Le relazioni diplomatiche ufficiali con Doha sono però affidate a Pasquale Salzano, ex direttore degli Affari istituzionali dell'Eni, che in aprile è diventato il nuovo ambasciatore italiano in Qatar. E che nel settembre del 2014 era fra gli ospiti del matrimonio di Carrai. A fare da cicerone per la costruzione dell'ospedale Mater a Olbia è stato invece Lucio Rispo, manager della Qatar Foundation (guidata Mozah bint Nasser al-Missned, madre dello sceicco, ricevuta da Renzi a Palazzo Chigi un anno fa) che in Sardegna investirà 1,2 miliardi.

C'è però un altro interlocutore italiano con cui il Qatar ha stretto affari ben più importanti: Intesa Sanpaolo. Nell'ottobre scorso l'istituto guidato da Carlo Messina ha aperto una filiale operativa a Doha presso il Qatar Financial Center. Non solo. Intesa ha finanziato per 5,2 miliardi il consorzio composto da Glencore e il fondo sovrano del Qatar nell'acquisto di una quota del colosso petrolifero russo Rosneft.

Operazione celebrata, in gennaio, al Cremlino con un incontro al quale hanno partecipato Vladimir Putin, l'ad di Intesa, Carlo Messina, il numero uno di Rosneft, Igor Sechin e anche il capo di Qia, Shaikh Abdullah bin Hamad bin Khalifa Al Thani.

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