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Grasso libero (e uguale) di non pagare gli arretrati Pd

Deve 83mila euro ai democratici. Ma la sua difesa non regge: "Il presidente del Senato non finanzia partiti"

Grasso libero (e uguale) di non pagare gli arretrati Pd

Libero di tenersi lo stipendio tutto intero, e uguale a nessuno degli altri senatori che invece hanno versato l'obolo dovuto al Pd, con cui era stato eletto pure lui. C'è del comico nella lettera in cui Pietro Grasso prova a far passare i suoi cinque anni di tirchieria come una nobile battaglia in difesa dell'autonomia (?) del presidente del Senato. La tesoreria del Pd gli ha recapitato, appena uscito dal partito per diventare leader della sinistra anti Pd Liberi e Uguali, il conto dei contributi mai versati alle casse democratiche, un dovere di tutti gli eletti con il Pd e un impegno sottoscritto (nero su bianco, con una scrittura privata) nel momento in cui si accetta la candidatura in base allo statuto Pd, al Regolamento finanziario e al Codice etico del partito. Ma mentre gli altri senatori Pd versavano circa 18mila euro all'anno al partito, il senatore Grasso eletto col Pd no, zero. Totale: 83mila euro di mancati versamenti, come gli ha notificato il tesoriere Francesco Bonifazi («Dai il buon esempio per i lavoratori in difficoltà»).

La risposta di Grasso è un capolavoro nell'arte di ribaltare la frittata. Non è lui che non ha pagato, sono loro che non gli hanno chiesto di farlo. L'ex magistrato si ritiene anche offeso dalla modalità pubblica con cui il Pd ha richiesto il saldo del debito, a suo avviso una vendetta meschina solo perchè se n'è andato a fare il leader di un altro partito. «Egregio Tesoriere del Partito Democratico, non ho risposto tempestivamente alla sua prima lettera nella quale mi chiedeva di versare 83.250 euro al Pd in ragione della mia elezione al Senato nel 2013, perchè ho considerato la modalità attraverso la quale ha scelto di farmi giungere tale comunicazione, ossia i giornali, un colorito quanto basso espediente da campagna elettorale» scrive risentito Grasso usando come casella delle lettere Repubblica - Immagino inoltre che non sia stata casuale la scelta del 3 dicembre 2017 per darne notizia, giorno nel quale ho pubblicamente aderito a Liberi e Uguali. Il suo modo di agire appare dunque un atto di ritorsione a carattere propagandistico piuttosto che una sincera volontà di fare chiarezza» accusa Grasso che lamenta di non essere stato avvisato di dove pagare («Non ho mai ricevuto da voi alcuna comunicazione in merito alla quota economica mensile che avrei dovuto versare al Pd in ragione della mia elezione, nè le modalità di pagamento»), e che comunque sarebbe indecoroso chiedere a un presidente del Senato di finanziare un partito, visto che è una figura istituzionale. Firmando poi la lettera «presidente del Senato e leader di Leu», segno che evidentemente la separazione tra carica e politica è sconveniente solo quando comporta il pagamento di uno sgradito obolo.

Gli rispondono dal Pd. Il deputato e costituzionalista Stefano Ceccanti trova «stupefacente» l'autodifesa di Grasso, «quando ci si iscrive a un gruppo parlamentare ci sono oneri e onori, tra cui il contributo da versare», e Grasso è rimasto iscritto al gruppo Pd fino all'ottobre 2017, mica due settimane. Per quale motivo sarebbe esentato? Poi arriva Michele Anzaldi, Pd, a ricordare che Grasso ha scelto «di non rispettare il tetto di stipendio di 240mila euro, sotto il quale si trovano tutte le cariche istituzionali a partire dal capo dello Stato».

Liberi (di non pagare) e più uguali degli altri.

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