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Grasso prende in giro Renzi: aveva il 40% e adesso è al 20

Il leader Leu detta l'agenda: Gentiloni non va bene. E sul segretario Pd: "Non chiediamo passi indietro, li fa da solo"

Grasso prende in giro Renzi: aveva il 40% e adesso è al 20

Un Pietro Grasso di lotta e di governo: rischia così di diventare davvero pericolosa, per Renzi e compagnia bella, la concorrenza del presidente del Senato a capo di Liberi e Uguali. L'ex Pm allevato da Falcone al maxiprocesso, quindi procuratore Dna che proponeva un premio al governo Berlusconi per la lotta antimafia, si sta mostrando sempre più a suo agio nelle vesti di capopopolo (sia pure di un'armata che ricorda quella degli «straccioni di Valmy»).

Grasso sta riuscendo a dettare l'agenda politica nel centrosinistra molto più di Renzi, che pure può contare sull'artiglieria pesante dei Tg e dei giornaloni mainstream. Sarà per il gusto della novità o per quello della provocazione (vedi l'abolizione delle tasse per l'università), il Jeremie Corbyn alla palermitana suscita interesse e comincia a riscuotere qualche indubbio risultato politico. Tipo la duplice versione regionale - alleati non-alleati del Pd - che pure ne poteva costituire punto di lacerante debolezza. Grasso ieri è sembrato sollevato: in Lombardia, ha spiegato, «la rottura con Gori risale a molto tempo fa, prima che nascesse Leu, quando ha appoggiato il referendum autonomista di Maroni. I delegati lombardi non hanno ravvisato nessuna novità per poter cambiare decisione. Ma d'altronde il punto non è vincere o perdere, piuttosto che cosa andiamo a fare, in un governo. L'accordo con Zingaretti nel Lazio dimostra invece che non siamo affatto una forza politica irresponsabile». Ma una che crea problemi a Renzi sì, visto che nel Lazio è stato posto il veto ad alleanze con la Civica popolare della Lorenzin (che Zingaretti s'è subito affrettato a smentire: eventuali candidati centristi lo sosterranno in una lista civica di moderati, basta che non abbiano un passato nel centrodestra). Come si vede, puntando sulle politiche e non sulla logica del «renzismo trionfante» (vincere a qualsiasi costo e con qualsiasi promessa) Grasso sta cambiando poco alla volta la natura «rivendicativa» di Leu, attenuando anche il peso dei vecchi marpioni (così pure la polemica napoletana sulla ricandidatura di Bassolino è ormai digerita). Intervistato da Radio Capital, ieri Grasso ha ribadito che «l'unica pregiudiziale è quella delle linee politiche... E se il Pd percorre direzioni che vanno fuori dal centrosinistra, non potremmo essere d'aiuto o d'appoggio». Neppure Renzi e un suo eventuale passo indietro sono un problema, «non ce n'è bisogno, va indietro da solo». Il centrosinistra «perde pezzi da tutte le parti, Renzi si è ridotto al 20%». Gentiloni non sembra una soluzione percorribile, «perché il suo governo è stato in totale continuità politica con Renzi». La faccia feroce dell'ex Pm traspare solo sulla questione dei presunti contributi dovuti al Pd. «Vicenda squallida, tutti sanno che mi sono tagliato l'indennità di presidente del Senato... e quando mi hanno chiesto di candidarmi in Sicilia nessuno mi ha chiesto quei soldi». Piuttosto, ha ricordato, «il Pd ha avuto un'amministrazione scriteriata, con la campagna referendaria che lo ha fatto indebitare. E non puoi andare in giro con il treno quando hai i dipendenti in cassa integrazione...».

Sull'alleanza post-voto con i grillini, invece, il capo di Leu ha sottolineato come sia «complicato dialogare» con una formazione «rappresentativa del Paese, che viene data come primo partito nei sondaggi» e che finora «non dà affidabilità né garanzie: hanno cambiato posizioni in funzione di un algoritmo o per i mal di pancia della gente sui social.

Ma se cambiano, valuteremo», promette.

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