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Grazia e sovrapposizioni Gli abiti multipli di Hermès

Ogni pezzo si piega, si ripiega e infine si trasforma Da Sacai, la giacca di lui diventa un bustier per lei

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Parigi A chi si chiede dove vanno a finire tutti i vestiti che si vedono in giro risponde la stilista del marchio Sacai, Chitose Abe, con una sublime collezione di ibridi. La giacca di lui annodata sul seno di lei forma una specie di bustier sopra allo chemisier in cotone che ha lo sfondo piega in voile plissettato proveniente da chissà quale abito da sera. Nelle maglie (una più bella dell'altra) c'è la memoria di un gessato del papà, mentre sul giaccone a campana il tessuto camouflage convive con il principe di Galles, mentre fiori e quadri smettono di guardarsi in cagnesco sulla vestina fatta da diverse camiciette assemblate con una strepitosa costruzione a volant. Il bello è tutto qui: la leggerezza e la grazia con cui questo lavoro di recupero viene realizzato senza cambiare i connotati ai vecchi capi, ma creandone di nuovi con un'estetica elegantemente sovversiva. L'idea infatti non è nuova, a inventare il procedimento è stato Martin Margiela negli anni Ottanta e non è un caso che nel 2018 siano in programma a Parigi ben due mostre dedicate a questo genio che ha smesso di lavorare quando ha compiuto 55 anni ma che non smette d'influenzare il mondo della moda. Infatti anche da Hermés dove comunque Martin ha lavorato (una delle due mostre sarà proprio dedicata a quegli anni indimenticabili) serpeggia quest'idea degli abiti come multipli da indossare. La designer Nadege Vanhee-Cybulski fa un egregio lavoro di sovrapposizione, illusione e paradosso. Tutto si piega, si ripiega, si trasforma. Diventa altro aprendo o chiudendo una zip oppure spostando semplicemente l'altezza dell'allacciatura. Le prime uscite con gli stupendi poncho a grossi quadri riecheggiano la coperta da cavallo, ma poi i tessuti quadrettati che sono una delle tendenze vincenti per l'estate 2018 diventano leggeri, impalpabili, elasticizzati e chi più ne ha più ne metta. Ci sono fantastici pantaloni pareo in tessuto ma anche in suede, la morbidissima pelle scamosciata di Hermés. Molti capi ruotano attorno al cosiddetto tablier che poi sarebbe un onesto grembiule da lavoro. Quanto alla borsa di stagione pare ce ne siano due nuove ma noi avevamo occhi solo per la 2002, una divina tracolla inventata negli anni Settanta e già allora battezzata con questo nome che allora profumava di futuro. Oggi la sola cosa futuribile che si possa fare in questo settore è applicare una vera coscienza ecologica. In questo nessuno può competere con Stella McCartney che ha seriamente sposato la filosofia cruelty free e perfino nell'uso della viscosa che è un tessuto di origine vegetale evita i processi produttivi inquinanti. Speriamo abbia fatto lo stesso con il denim utilizzato per alcuni pezzi della deliziosa collezione che ha sfilato ieri all'Opera davanti al solito drappello di star capitanato stavolta da Kylie Minogue. Infatti il denim è una vera dannazione per il pianeta terra, ma quanto sta bene con i lunghi camicioni a disegni Wax, ovvero la classica stampa dei vestiti africani. Alessia Giacobino presenta a Parigi la seconda collezione con il suo nome ed è una vera delizia che parte dalla divisa di una cameriera da motel a Las Vegas e arriva a una moderna sensualità. Divertenti le passamanerie da tenda di albergo vecchia maniera che diventano cinture dei soprabiti a kimono oppure decorazione sull'abito a T-shirt con la stampa di tutti gli alberghi della capitale mondiale del gioco. Perfino nelle borse c'è la voglia e il bisogno di multiplicità: quelle di Gancarlo Petriglia sono piccoli capolavori a due patte, innumerevoli scomparti, reversibili, trasformiste, decorate con l'artistico furore che possiede il designer. Da Longchamp ci sono le solite borse pieghevoli, alcuni modelli nuovi squisitamente parigini, una moda graziosa che deve comunque crescere e una nuova collezione di occhiali prodotta da Marchon. Incredibile ma vero il nuovo negozio Vuitton di place Vendome: su quattro piani, con due atelier (uno per l'alta gioielleria uno per gli abiti su misura), 33 opere d'arte sparse dovunque, un angolo dedicato alla personalizzazione dei bagagli, un reparto per les Objects Nomade.

Non dicono i metri quadri per discrezione ma coprono l'intera facciata con un sole di metallo dorato che si vede perfino dal Louvre e all'ingresso c'è un Re Sole alto due metri. Darà il benvenuto a Madame Macron quando va a farsi prestare gli abiti?

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