Politica

Al grido Allah è grande 39 morti in discoteca Il killer è ancora libero

Attacco a colpi di kalashnikov nel quartiere europeo: 24 stranieri uccisi. Tre italiani salvi

Noam Benjamin

La morte a Capodanno: alle 1.15 del primo gennaio un terrorista è entrato al Reina, una delle discoteche più quotate di Istanbul, falciando i presenti con il suo kalashnikov. Attimi dopo lo stragista si è dato alla fuga, lasciando dietro di se una lunga scia di sangue: 39 i morti, 24 dei quali cittadini stranieri, e una settantina di feriti. Tra loro anche un gruppo di giovani italiani che si sono salvati gettandosi a terra ai primi spari. Sarebbero tre modenesi e altri amici di Brescia e Palermo, in Turchia per lavoro. L'assassino non ha fatto fatica a trovare le sue vittime: nel locale erano in oltre 600 a festeggiare l'anno nuovo. Situato sul primo ponte sul Bosforo ribattezzato «Ponte dei martiri del 15 luglio» a seguito del tentato golpe dell'estate scorsa il Reina è anche geograficamente una delle porte europee di Istanbul. Il nightclub è frequentato dal bel mondo internazionale di Istanbul e la conta dei morti è lo specchio della ferita mortale inflitta all'anima cosmopolita della città. Nell'attacco sono rimasti uccisi undici cittadini turchi, sette sauditi, quattro iracheni, due indiani, due tunisini, un canadese, un belga, un siriano, un israeliano e un libanese.

L'esplosione dei colpi di mitragliatore ha precipitato i clienti in festa nel terrore e, come ha raccontato alle agenzie il calciatore turco Sefa Boydas, molti dei presenti sono svenuti. Chi cercava di mettersi in fuga ha calpestato chi aveva accanto, vivo o morto: «Molte ragazze hanno perso i sensi e ognuno camminava su qualcun'altro». Drammatica anche la testimonanzia di Sinem Uyanik. «Prima di riuscire a capire cosa stesse succedendo, mio marito mi è crollato addosso. E prima di potermi rialzare, ho dovuto spostare molti corpi che mi schiacciavano». Presto il fragore del mitra è stato coperto dalle urla dei presenti, intrappolati davanti al loro assassino. Alcuni testimoni hanno invece riferito che l'attentatore avrebbe urlato «Allah uakbar!», il grido dei jihadisti. Conclusa la sua azione, il terrorista si è dato alla fuga facendo scattare una gigantesca caccia all'uomo da parte della polizia, subito indirizzata sulla pista dell'Isis. I ricercati dalla polizia, secondo i media locali, sarebbero tre. Complici o finacheggiatori.

Appena si è diffusa la notizia della strage, il Reina è stato assediato dai mezzi di soccorso e da tante persone in cerca di un amico o un familiare all'interno del locale. Qualcuno ha anche diffuso la voce che il terrorista fosse vestito da Babbo Natale, circostanza smentita dallo stesso presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Fra le voci non confermate c'è anche quelle di Mehmet Kocarslan, il proprietario del Reina. Al quotidiano turco Hurriyet l'imprenditore ha detto che il livello di sicurezza attorno al suo locale era stato recentemente innalzato a seguito di un'informativa dell'intelligence Usa su possibili attacchi contro civili a Istanbul. La circostanza è stata tuttavia smentita da fonti diplomatiche statunitensi secondo cui il governo Usa «non aveva alcuna informazione su minacce a specifici luoghi di divertimento» e non aveva diramato altri avvisi ai propri connazionali in Turchia dopo l'invito generico diffuso il 22 dicembre nel quale invitava i cittadini americani a «mantenere un alto livello di attenzione e ad aumentare la propria sicurezza personale» in vista del periodo festivo. A smentire indirettamente il proprietario della discoteca basta la cronaca degli ultimi mesi: il 2016 è stato uno degli anni peggiori per la Turchia, colpita con allarmante frequenza ora dal terrorismo di matrice curda, ora da quello targato Isis. Dopo aver chiesto il silenzio stampa e messo il silenziatore ai social media per alcune ore, Erdogan ha commentato l'attacco poche ore dopo la presentazione all'Onu di un cessate il fuoco in Siria concordato da Ankara e Mosca in funzione anti-islamica. «Siamo consapevoli che questi attacchi, portati a compimento contro il nostro paese da numerose organizzazioni del terrore, non sono indipendenti dagli avvenimenti nella regione». E tuttavia, «a chi punta a destabilizzare la nostra nazione noi risponderemo con l'unità e con la calma. Noi siamo determinati a eradicare le minacce e gli attacchi contro di noi».

Parole relativamente misurate per un leader noto per il suo temperamento sanguigno; un segnale, forse, della preoccupazione per l'impegno in due guerre allo stesso tempo: quella più antica contro l'indipendentismo curdo nel sudest turco e quella molto più recente contro lo Stato islamico.

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