Cronache

Il grido "Forza Isis" e l'esorcismo praticato dietro le sbarre

Nel mondo delle carceri italiane dove 148 imam stranieri controllano e guidano 7646 praticanti musulmani c'è spazio anche per gli esorcismi

Il grido "Forza Isis" e l'esorcismo praticato dietro le sbarre

«Si segnala che in data 01/07/2016 il detenuto Mustafa Azour ha praticato un esorcismo nei confronti del detenuto Hbabi Abdelkarim nato in Marocco l'1.01.1977 che per il suo malessere aveva chiesto di pregare con il gruppo di musulmani del lato A del reparto penale. Il detenuto, come più volte segnalato dal personale di polizia penitenziaria, è seguito dall'area sanitaria per le frequenti crisi epilettiche». Avete letto bene. Nel variegato mondo delle carceri italiane dove 148 imam stranieri controllano e guidano 7646 praticanti musulmani c'è spazio anche per gli esorcismi. Il tutto sotto gli occhi vigili, ma spesso impotenti della polizia penitenziaria.

Il caso citato nell'allegato segreto in possesso del Giornale è avvenuto nel carcere di Perugia Capanne. Lì il ruolo di sedicente imam «è svolto principalmente» spiegano le note da Mustapha Azour un marocchino condannato per ripetute violenze con fine pena nell'aprile 2021. «Il gruppo di detenuti maghrebini dediti alla preghiera è aumentato notevolmente sotto la guida dell'oggettivato (). Il gruppo che si riunisce in preghiera negli spazi all'uopo destinati nota ancora il documento - conta un numero costante di dodici tredici persone quasi tutti i giorni». Ma se l'imam esorcista Mustapha Alì v'inquieta che dire del «predicatore» Mlaouhi Alì nato in Tunisia nel 1983 e ospite del carcere genovese Marassi? Descritto come «soggetto dal comportamento freddo e distaccato scarsamente incline al dialogo». «Poco portato alla riflessione e all'autocritica», Mlaouhi non nasconde le sue posizioni estremiste. «Durante i primi giorni di detenzione è stato sorpreso urlare più volte forza Isis dalla finestra della sua stanza detentiva».

Ma tra chi insegna la parola di Maometto c'è anche il 52enne egiziano con «fine pena mai» Makram Ahmed Salehaly condannato da un Antonio Di Pietro alle prime armi per l'omicidio, nel lontano 1990, di una prostituta nigeriana. «Il suo carisma religioso scrivono i sorveglianti di San Gimignano - è stato subito avvertito dai compagni e una serie di coincidenze ha fatto sì che potesse scalare la gerarchia religiosa Si è potuto accertare che il Makram, nonostante sia da poco in questa sede, ha subito preso in mano le redini della conduzione della preghiera venendo unanimemente riconosciuto». Nel carcere romano di Rebibbia a dettar legge in campo religioso ci pensava, fino al rilascio avvenuto lo scorso ottobre - il 49enne tunisino Hosni Monsen. «Il detenuto - condannato per furto aggravato come spiegano le note - mostra superiorità e un atteggiamento ostile nei confronti del personale di polizia penitenziaria. Indossa abiti tradizionali, cura l'aspetto fisico secondo i canoni del credo religioso musulmano. Cerca d'influenzare gli altri detenuti e mantiene a distanza quelli meno religiosi».

Il 37enne somalo Hamouna Bessid, arrestato per rapina è invece la guida spirituale di un reparto del carcere di Bologna. «Il soggetto - riporta l'allegato segreto sugli imam ha sempre manifestato un comportamento di superiorità nei confronti degli altri detenuti, attualmente guida la preghiera nel suo reparto di appartenenza, durante la funzione religiosa indossa abiti tradizionali, nella sua stanza detentiva ha un Corano.

Nei giorni precedenti è stato sorpreso gridare dalla finestra della sua camera detentiva più volte la frase Allah Akbar verso altra sezione dove sono ubicati detenuti di nazionalità marocchina».

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