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Guaidó a rischio arresto Ma Trump gli affida petrolio e beni negli Usa

Il leader anti-Maduro: «Svegli per sognare» Washington taglia i cordoni della corruzione

Guaidó a rischio arresto Ma Trump gli affida petrolio e beni negli Usa

Al popolo venezuelano si sono rivolti in contemporanea. Il nuovo presidente del Venezuela Juan Guaidó a Plaza Bolívar a Caracas nella sua prima apparizione dopo l'autoproclamazione, Nicolás Maduro in televisione. I toni sono fermi e duri, nonostante Maduro si fosse detto disposto al dialogo offerto dal Messico per cercare di superare l'impasse in cui è finito il paese.

Guaidó di fronte a una folla urlante è stato chiarissimo: «Voglio essere un servitore per questo paese. A Miraflores (sede del palazzo presidenziale, ndr) pensano che questo movimento si sgonfierà ma qui nessuno si arrende. Il Venezuela si è svegliato per sognare. Non tornerà più a dormire». E ancora «Soldati della patria, venite dalla nostra parte». Ha convocato, poi, per la prossima settimana, una grande mobilitazione: «Dobbiamo riempire le strade fino a che non otterremo la libertà». Sa che potrebbe essere arrestato «anche stasera» come ha dichiarato ieri ma non ha paura.

Maduro, che avrebbe adesso ex agenti russi a gestire la sua sicurezza, dal canto suo ha detto che «sempre c'è stato un tentativo di dialogo con l'opposizione» e si è anche detto pronto a incontrare Guaidò, che ha declinato l'invito: «Quando non ottengono un risultato con la repressione, offrono un dialogo fasullo», ha commentato il leader dell'opposizione. Quanto a interventi dall'esterno, Maduro è stato chiaro: «Le questioni venezuelane sono dei venezuelani e dobbiamo risolverle senza l'interferenza straniera». Sugli Stati Uniti in particolare si è detto aperto a un dialogo «rispettoso» con Trump. «Non ho rotto le relazioni con gli Stati Uniti ma con il governo di Trump. Non sono anti Usa. Sono anti imperialismo». Ha però ratificato la decisione di rompere le relazioni diplomatiche con gli Usa. Che dal canto loro hanno inviato due messaggi forti. Mike Pompeo ha indetto per sabato una riunione urgente dell'Onu per riconoscere Guaidó come presidente. Mentre John Bolton, consigliere per la Sicurezza nazionale di Trump ha fatto sapere che d'ora in poi tutti i beni del governo venezuelano negli Stati Uniti saranno gestiti solo da Guaidó. La misura comprende anche la filiale Citgo, la compagnia petrolifera con sede in Texas, sussidiaria della compagnia petrolifera nazionale venezuelana Pdvsa.

Un segnale fortissimo anche secondo gli analisti internazionali che da tempo monitorano il Venezuela. «La corruzione del chavismo è passata tutta per la Pdvsa, utilizzata per tangenti esorbitanti, di miliardi di dollari» spiega Leonardo Coutinho, giornalista brasiliano radicato a Washington, autore del libro «Chavéz, lo spettro». «Negli Stati Uniti ci sono processi in atto - continua Coutinho - che mostrano come la rete occulta di Chàvez prima e di Maduro poi - abbia nascosto fiumi di danaro in città come Miami. Un regime quello chavista, che si sostiene economicamente non solo con i soldi del petrolio ma anche del narcotraffico».

Questo spiega perché a schierarsi pubblicamente dalla parte di Maduro nelle ultime ore ci siano stati - oltre alla Turchia di Erdogan che da mesi si sta portando via l'oro - Hamas e paesi come l'Iran. «L'Iran e Hezbollah hanno fatto del Venezuela chavista una base operativa avanzata per l'America Latina - spiega al Giornale Emanuele Ottolenghi, senior fellow della Foundation of Defense for Democracies di Washington - e dal Venezuela controllano le attività sovversive di promozione della rivoluzione in tutta la regione. Da lì gestiscono traffici atti a evadere le sanzioni. Grazie al regime ottengono passaporti venezuelani per i loro agenti e quelli di Hezbollah, coi quali poi viaggiano per tutta la regione. Infine, insieme alla cupola al potere facilitano traffici illeciti, incluso quello della droga, e il suo riciclaggio». Un problema, questo, che ha un pesantissimo effetto boomerang anche sull'Europa. «Pilatus Bank, la banca maltese chiusa l'anno scorso per irregolarità - spiega Ottolenghi - era di proprietà di un iraniano, attualmente agli arresti domiciliari in Usa per riciclaggio, che aveva traffici in Venezuela. Il denaro per la banca probabilmente era il frutto di proventi illeciti di affari iraniani in Venezuela.

La giornalista Dafna Caruana Galizia, assassinata nell'ottobre 2017, stava proprio investigando la Pilatus Bank».

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