Politica

Guasto sul volo del rimpatrio Liberi 15 tunisini da espellere

Episodio grottesco a Fiumicino. A terra l'aereo zeppo di agenti e stranieri. Ai quali è stato dato il foglio di via

C ome turisti sfortunati, hanno scoperto che il loro volo non sarebbe partito per un guasto. Ma contrariamente agli immaginari vacanzieri, questa notizia li ha rallegrati invece che irritarli. Perché non avevano nel bagaglio infradito e creme solari. E a bordo non sarebbero stati serviti loro Prosecco e noccioline.

Una storia bizzarra di rimpatrio fallito quella che arriva da Fiumicino, uscita soltanto perché il sindacato di polizia Siulp ha voluto raccontare come si possa sprecare il tempo di decine di poliziotti senza nemmeno riconoscere loro lo straordinario notturno dopo venti ore di lavoro. E sulla quale il ministro dell'Interno Matteo Salvini, che ne è a dir poco infastidito, ha chiesto approfondimenti.

Tutto è avvenuto qualche giorno fa. Mercoledì 12 un pullman con diciotto agenti preleva dal centro di permanenza e rimpatrio di corso Brunelleschi a Torino sette tunisini con ordine di espulsione. Dopo un avventuroso viaggio durato diverse ore, la mattina dopo l'allegra comitiva arriva all'aeroporto di Fiumicino, vicino a Roma. I sette africani devono salire su un aereo predisposto dal Viminale, che dovrebbe portare loro e altri nordafricani (una sessantina tra cui 17 tunisini) arrivati da diverse strutture di tutta Italia a Hammamet facendo scalo a Palermo su un volo della compagnia di charter maltese Air Horizont. A bordo anche numerosi agenti di scorta, chiamati a vigilare sui passeggeri, alcuni dei quali con un curriculum criminale decisamente rispettabile. Gli agenti sono un centinaio e si può comprendere il carico di soldi spesi, ore di sonno perdute, servizi trascurati che è a bordo di quel charter. Che però non parte. Passano le ore e non parte. Alle 13 di giovedì si scopre che quel guasto non può essere riparato. Il volo è cancellato. Non esiste un piano B. A due dei diciassette tunisini viene trovato posto presso un Cpr. Agli altri quindici viene consegnato in fretta e furia un ordine di espulsione firmato dal questore: un gentile invito a smammare entro sette giorni dal territorio italiano. Naturalmente al buon cuore degli stranieri. Che, imprevedibilmente liberi, certo non si affretteranno a fare le valigie per lasciare l'Italia. Del resto, se gli espulsi fossero stati tanto docili, che senso avrebbe avuto allestire un charter di Stato più zeppo di agenti di un carcere colombiano per allontanarli? Sarebbe bastato chiederglielo con educazione. Di certo si sa che i sette provenienti da Torino hanno annunciato di voler raggiungere la più vicina stazione per tornare nel capoluogo piemontese. Non è fantascienza immaginare che ora siano di nuovo in clandestinità, sghignazzando per la chance loro offerta dal guasto di un aereo e di un intero sistema.

«Proprio mentre si moltiplicano gli sforzi per controllare l'immigrazione clandestina e siglare nuovi accordi bilaterali con i Paesi riluttanti ai rimpatri - fa notare Eugenio Bravo, segretario generale del Siulp di Torino - assistere a una siffatta débacle lascia uno scoraggiante retrogusto di improvvisazione e di imbarazzante situazione grottesca». La prosa non è delle più limpide ma la logica sì. Sulla vicenda la parlamentare di FdI Augusta Montaruli annuncia un'interrogazione parlamentare per sapere quanto sia costato ai contribuenti l'«inutile teatrino» e quante altre volte il meccanismo di espulsione abbia fatto flop. Non lo ha fatto ieri quando altri 40 tunisini arrivati in Italia pochi giorni fa a bordo di barchini sono stati rimpatriati con un volo da Palermo. Gli altri se ne andranno con prossimi charter.

Se non ci saranno guasti.

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