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Guerra all'Iran, Trump contro i falchi

Il presidente: "Vogliono un conflitto, disgustoso". Cyber-attacchi Usa contro Teheran

Guerra all'Iran, Trump contro i falchi

New York «È disgustoso, questa gente ci vuole spingere alla guerra». Le parole di Donald Trump non lascerebbero spazio a dubbi sui contrasti in seno all'amministrazione Usa in merito al più scottante dossier di politica internazionale, quello iraniano. L'escalation delle ultime settimane che ha portato gli Stati Uniti sull'orlo di un conflitto con la Repubblica Islamica sarebbe il frutto delle strategie e delle pressioni dei falchi della Casa Bianca dinanzi alle quali lo stesso presidente americano si dimostra inaspettatamente distante e preoccupato. A rivelarlo è il Wall Street Journal sulla base delle intercettazioni tra il tycoon e alcuni suoi consiglieri.

«Queste persone vogliono spingerci in una guerra, è disgustoso. Non abbiamo bisogno di altri conflitti», avrebbe detto Trump, delineando un quadro sempre più chiaro delle divisioni tra i suoi più stretti collaboratori. Le sue affermazioni, del resto, sono in linea con la decisione «last minute» di fermare i raid militari contro Teheran dopo l'abbattimento del drone Usa. Il Commander in Chief, secondo il Wsj, avrebbe sì lamentato i costi del velivolo senza pilota centrato dai missili dei Pasdaran - almeno 130 milioni di dollari - sottolineando però che la perdita finanziaria è meno risonante con gli elettori statunitensi rispetto alle potenziali vittime del blitz. Peraltro, parlando con i giornalisti prima di recarsi a Camp David, The Donald aveva ribadito: «Non voglio uccidere 150 iraniani, non voglio uccidere nessuno, a meno che non sia assolutamente necessario». Lo stesso presidente ha elogiato la cautela del generale Joe Dunford, capo dello stato maggiore congiunto delle forze armate Usa, che sostiene una linea morbida rispetto alle opzioni più aggressive portate avanti in primis dal consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton, che ha spinto fino all'ultimo per l'opzione militare.

«Bolton è assolutamente un falco, se dipendesse da lui affronterebbe tutto il mondo nello stesso momento», ha detto Trump, prima di annunciare che da oggi scatteranno nuove «rilevanti» sanzioni contro l'Iran. Mentre Bolton da Gerusalemme avverte che la Repubblica Islamica «non deve interpretare la nostra prudenza come una debolezza». E se per ora è stata evitata un'escalation sul terreno, nel cyber spazio la guerra è già scoppiata: il New York Times rivela infatti che gli Stati Uniti hanno lanciato una duplice offensiva contro i sistemi informatici di controllo dei lanciamissili iraniani e contro il gruppo di intelligence di Teheran che per gli 007 Usa è responsabile degli attacchi alle petroliere nel Golfo dell'Oman.

Perché è proprio grazie ai computer di questa organizzazione legata al corpo delle Guardie Rivoluzionarie che sarebbero state individuate le imbarcazioni da colpire. L'attacco cibernetico è stato autorizzato nelle stesse ore in cui Trump ha fermato i raid aerei contro stazioni radar e batterie missilistiche in Iran: la decisione di confermare l'operazione deriva dal fatto che era sotto la soglia del conflitto armato, e utilizzava le stesse tattiche ombra della Repubblica Islamica. La tensione tra i due paesi resta altissima, tanto che a Teheran, durante una sessione del Parlamento, i deputati iraniani hanno cantato lo slogan «morte all'America».

«L'America - ha detto il vicepresidente del Parlamento, Masoud Pezeshkian - è il vero terrorista che diffonde il caos, fornisce armi ai gruppi terroristici, e ancora dice venite, negoziamo».

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