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Ha sparato 8 colpi ma giura «Non volevo ammazzarli»

I genitori della ragazza sedicenne si opponevano alla relazione. Così la coppia ha deciso di eliminarli

Potrà essere una prova per chi crede nei demoni. I pragmatici diranno che la storia si ripete. Tragica, nel suo orrore banale. Il male cambia volto, nome, luoghi. Ma davvero sembra reincarnarsi.

Poco meno di quindici anni fa, accadde a Novi Ligure. I «diavoli», allora, si chiamavano Erika e Omar. Adesso i connotati sono quelli di Martina e Omar. Più o meno stessa età, la storia è un remake granguignolesco. Erano appena nati quando i fidanzatini di Novi sterminarono la famiglia di lei, il padre sopravvisse per caso. Sabato all'ora di pranzo, al quarto piano di un'anonima palazzina di Ancona, due epigoni hanno ripetuto l'horror.

Sedici anni la «bimba», diciotto lo sbarbato che su Facebbok indossa i guanti da pugile postando «sei la cosa più bella che mi potesse capitare», «la più preziosa» tra immagini romantiche e monotoni aforismi scopiazzati dal web. Un amore dichiarato e capace di uccidere. Alla famiglia di Martina non piaceva questa storia. La mamma Roberta Pierini, 49 anni, e il padre Fabio Giacobbi, sottufficiale dell'Aeronautica, si opponevano, vedevano qualcosa di malato in quel rapporto. L'altro ieri la ragazzina e Antonio - Tagliata, il cognome del ragazzo, studente all'istituto alberghiero con aspirazioni da cuoco - hanno deciso che due genitori così andassero eliminati. Lo hanno fatto a colpi di pistola, la donna è morta all'istante; suo marito è in fin di vita.

Ma ora come nei più classici déjà vu , si gioca il ping-pong delle responsabilità. Riecco il macabro film di Novi. Lei glaciale - ma gli avvocati sostengono che la freddezza sia figlia della confusione, dell'incapacità di «realizzare» - pronta a scaricare ogni responsabilità; lui tremebondo, ex duro, adesso criminale, ma incapace di giocare il ruolo. «Non volevo uccidere», ha detto ai carabinieri. Può essere facile tirare il grilletto una volta, Antonio invece lo ha fatto otto volte. Ha visto crollare le sue vittime, ha continuato a far fuoco con una calibro 9 che non si sa ancora come si sia procurato. Anche un assassino dovrebbe valutare il peso della menzogna. Il pudore di fronte al dolore. «Mi sono solo difeso - avrebbe sostenuto davanti agli inquirenti -. Il padre della mia ragazza mi ha aggredito e offeso. Ero andato lì solo per un chiarimento».

Martina, stando al suo legale Paolo Sfrappini, «è apparsa molto spaventata, e forse poco matura. E, a meno che non sia una grande attrice, era in evidente stato di choc, tremava, era molto provata. In totale balia del sentimento per il fidanzato. E neppure consapevole fino in fondo di quanto avvenuto». Sarà. Peccato che Carlo Tagliata, il padre del giovane killer, racconti un'altra storia: «Lei lo ha plagiato. La porta di casa dei genitori l'ha aperta Martina. C'è stata una colluttazione, e lei ha detto sparagli!». Poi, estrema difesa, aggiunge un elemento strappalacrime: entrambi i ragazzi in precedenza avrebbero tentato il suicidio, e anche dopo il delitto, Antonio ha telefonato alla madre dicendo «mi ammazzo».

Si arrabbia, minaccia, quando gli si accenna a una vecchia faccenda. Nel 2005 venne sfiorato da un'indagine sull'omicidio del custode pugliese del cimitero di Ancona, Mario Bonfitto. Uscì pulito dall'inchiesta. Ma il peso del sospetto brucia.

Forse la vera ragione per cui le vittime volevano che Martina interrompesse la relazione con suo figlio.

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