Cronache

"Ha lo stesso profilo di un seguace jihadista"

L'esperto: "Gli ingredienti sono gli stessi. Il fanatismo, la voglia di punire e il web"

"Ha lo stesso profilo di un seguace jihadista"

Voleva punire gli impuri. E aveva comportamenti maniacali simili in tutto e per tutto a quelli del fondamentalismo islamico. Il profilo psichiatrico di Mattia Del Zotto, il 27enne che ha ucciso tre familiari con il tallio, assomiglia a quello di un seguace jihadista. Anche se a ispirare il suo piano omicida è stato un gruppo religioso chiamato «Concilio Vaticano II», lontanissimo da ogni tipo di influenza islamica. A tratteggiare il meccanismo mentale del killer è lo psichiatra Giancarlo Cerveri, dipartimento di Neuroscienze dell'ospedale Fatebenefratelli di Milano.

Dottor Cerveri, perché parla di codice jhadista?

«Da una prima impressione, gli ingredienti sono gli stessi: l'isolamento dalla società, l'adesione a un gruppo di fanatici, la voglia di punire gli impuri e di combattere un nemico. E poi i contatti con il web, la convinzione di sentirsi in missione».

Stiamo parlando di una persona che, a detta della madre, era maniacale: staccava le prese degli elettrodomestici, non usava telecomandi e inorridiva per le pubblicità.

«Staccare le prese può nascondere una paura dei campi magnetici che chissà quali effetti si pensa possano produrre sulla mente. Il resto denota una chiara volontà di non voler ricevere lavaggi del cervello o influenze da quelle percepite come fonti del male».

Però il lavaggio del cervello c'è stato da parte della pseudo-setta.

«Tante volte il gruppo dà un senso più alto alla propria paranoia personale. Se si segue un credo, allora ci si sente giustificati a compiere qualsiasi azione in suo nome. Il pensiero individuale smette di funzionare e la verità è aprioristica».

Il killer non usciva mai, non aveva contatto con il mondo esterno. Possibile che il suo credo sia stato alimentato solo via web?

«Eccome. Anzi, è proprio il contatto via web che amplifica il messaggio. Esattamente come accade nei gruppi jihadisti. Il contatto virtuale amplifica il rischio che la paranoia individuale cresca senza confine».

Senza confine e senza tempo. L'omicidio non è stato un raptus ma un piano meditato nei dettagli da mesi.

«Il credo a cui si aderisce non si spegne nemmeno col passare del tempo, anzi, si alimenta. La nostra cultura punta a creare una società aperta, in cui è possibile assumere varie posizioni, per far calare il livello di aggressività. Le sette o i gruppi pseudo tali invece fanno il contrario: rifiutano ciò che è diverso e puntano a eliminarlo».

Tanto da uccidere i nonni anziani?

«Magari il ragazzo aveva maturato un rancore personale contro i nonni e da sentimento individuale lo ha trasformato in missione collettiva. Arrivando a vedere nei nonni il simbolo del male da sconfiggere, un'ossessione».

Il gruppo religioso a cui aveva aderito il killer era molto critico verso il Papa.

«Papa Francesco è il simbolo dell'apertura. E quindi, per una setta del genere, è un pericolo, è il male».

Qualcuno ha parlato della sindrome degli hikikomori, i giovani chiusi tutto il giorno in camera davanti al pc.

«È un problema sempre più diffuso, soprattutto tra chi socialmente è già isolato, magari senza lavoro o con una serie di insuccessi affettivi e scolastici. Nel web si crede di trovare tutto: amici con cui giocare, gruppi, relazioni amorose. E paradossalmente si pensa di non aver bisogno di altro, è sufficiente la vita virtuale, più appagante di quella vera.

Così ci si allontana dalla realtà, fino a dissociarsi».

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