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Hamas alza il tiro: 250 missili su Israele

La Jihad islamica: colpiremo aeroporto e reattore nucleare. Raid su Gaza

Hamas alza il tiro: 250 missili su Israele

Gerusalemme Estorsione, ricatto: si può chiamare così l'ultimo bombardamento di Hamas, più di duecento missili sparati in una giornata da Gaza sui kibbutz e le cittadine del sud di Israele (Ashkelon, Rehovot, Sderot, Ashdod..), 2 feriti gravi dentro le case che crollano, tetti perforati e grandi buche per terra mentre la polizia e i giornalisti corrono da un luogo all'altro come in un videogame, la popolazione che a ogni sirena salta nei bunker, gli ufficiali del fronte interno che alla tv spiegano che si deve giacere per terra in caso manchi un rifugio nei dintorni: le schegge e i detriti volano, e al suolo la possibilità di essere feriti diminuisce del 90 per cento. Israele ha risposto sin dal mattino quando all'inizio, dopo due giorni di aggressioni al confine delle folle organizzate da Hamas, due suoi soldati di ronda sul confine sono stati colpiti; da parte palestinese si parla di tre morti nei vari attacchi, ma i numeri per ora sono incerti.

Certi sono i missili a raffica. Certa è la rabbia della popolazione che di nuove vive nella terra desolata dei rifugi, dei bambini che a metà della notte devono essere presi in braccio e portati nei rifugi, che di giorno non possono andare a scuola. Il sistema «Scudo d'acciaio» ha fermato parecchi missili, ma l'escalation è continuata tutto il giorno mentre la domanda sul che fare diventava sempre più acuta, e si riuniva il gabinetto di sicurezza nell'ufficio del primo ministro Netanyahu, seduto con il capo di Stato Maggiore e i principali responsabili della sicurezza. Intensificare gli attacchi dall'aria? Ma questo comporta un rischio continuo di colpire innocenti. E chi prendere maggiormente di mira? Hamas o la Jihad Islamica, la cui ala militare ha minacciato di colpire l'aeroporto internazionale di Ben-Gurion, Tel Aviv, e le raffinerie petrolifere a Haifa, nel nord? Entrare con i soldati nella Striscia e avventurarsi in una guerra intrisa di sangue? Yehya Sinwar, capo di Hamas e anche i boss della Jihad islamica sono al Cairo, gli altri nei nascondigli, di eliminazioni mirate non si parla.

Perché Hamas colpisce di nuovo duro? Perché in una situazione di difficoltà soggettiva vede in questi giorni l'opportunità di un ricatto vantaggioso. Mercoledì e giovedì, una dopo l'altra, si celebrano a Gerusalemme il giorno della Memoria dei soldati uccisi in guerra, e subito di seguito il Giorno dell'Indipendenza: gli israeliani non vogliono vedere queste epiche ricorrenze insanguinate. Dal 14 al 18 si svolge a Tel Aviv l'Eurovision Song Contest, festival europeo della musica, e già sono arrivate delegazioni da tutto il mondo, provano le canzoni nel clima festoso e vellutato dei padiglioni preparati per l'evento; che guaio sarebbe un bombardamento sulla festa internazionale e diplomatica. Hamas dall'altra parte inizia stasera un Ramadan molto complicato, fra 10 giorni i palestinesi celebrano la «Nakba», il «Disastro», e non hanno da proporre che guerra. Intanto i cittadini di Gaza in coraggiosi drappelli, peraltro brutalizzati a dovere, sono addirittura scesi in piazza per protestare contro la dittatura teocratica dell'organizzazione che pensa solo al terrorismo invece di fornire sviluppo e lavoro. Abu Mazen, nella Autonomia Palestinese, gli fa concorrenza nella difesa a oltranza dei finanziamenti per i terroristi in galera (125 milioni di dollari l'anno) trattenuti da Israele, e il rifiuto conseguente di usare il danaro invece disponibile: dice che lo userà solo quando tornerà a finanziare la «resistenza». Così è in prima linea nella guerra a Israele. Intanto Bibi, negli ultimi mesi ha dimostrato di non volersi ingaggiare in uno scontro che non porterebbe a nessuna conclusione (non vuole certo pensare a stragi di massa, né che sia preferibile consegnare Gaza a Abu Mazen), e ha lasciato fluire il denaro del Qatar, grande mammella della Fratellanza Mussulmana di cui Hamas fa parte. Ma il denaro non è abbastanza, le facilitazioni promesse non quietano Gaza: la povera gente è agitata e Hamas sa che sparare a Israele è la carta più facile. Probabilmente lo scontro durerà ancora qualche giorno, forse Netanyahu individuerà qualche obiettivo convincente per limitare l'offensiva. È un gioco logorante, crudele per Israele e anche per la gente di Gaza: Hamas è ormai una delle grandi organizzazioni terroristiche che dispongono di armi sofisticate e abbondanti, finanziata da Qatar e dall'Iran, fonte di instabilità per tutto il mondo arabo insieme agli Hezbollah, culla di terroristi islamisti contro l'Europa e gli Usa.

E ci si aspetta che Israele risolva il problema per tutti, per poi biasimarlo.

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