Mondo

Hong Kong, niente resa. Sfida al divieto di protesta

In piazza in 300mila. Nel luogo in cui 7 giorni fa colpirono le «camicie bianche»

Hong Kong, niente resa. Sfida al divieto di protesta

Ottavo week-end di scontri a Hong Kong, la regione semi-autonoma della Cina. E ancora manganellate e lacrimogeni lanciati dalla polizia almeno una decina di volte, spray al peperoncino, proiettili di gomma, arresti e feriti, per fermare lanci di pietre e mattoni. Gli attivisti per la democrazia nell'ex colonia britannica, almeno 300mila, si sono dati appuntamento nella stazione centrale di Yuen Long (non lontano dal confine con la Cina) per sfidare il divieto di manifestare imposto dalla polizia. Anche stavolta hanno usato gli ombrelli per proteggersi, trasformandoli in un simbolo, insieme ai caschetti da lavoro e alle magliette di colore nero. Il movimento di protesta continua per chiedere maggiore democrazia ma soprattutto la fine della repressione violenta delle proteste. I dimostranti accusano anche la polizia di non averli difesi quando, durante la manifestazione di sabato scorso, un gruppo di «camicie bianche» armate di bastoni e sospettate di essere collegate alle gang delle Triadi li hanno attaccati ferendo almeno 45 persone.

Secondo il governo filocinese della Regione amministrativa speciale, guidato da Carrie Lam, alcuni dei manifestanti si erano presentati con spranghe e scudi. Dopo vari scontri, sono state erette barricate, c'è chi portava caschi e maschere, qualcuno aveva portato racchette da sci. Secondo le autorità ospedaliere, 45 persone sono rimaste ferite e alcune, almeno 5 stando a un primo bilancio, versano in condizioni gravi. Dopo il lancio di lacrimogeni, i manifestanti si sono allontanati riparando nella stazione della metropolitana. Mentre si ritiravano, gridavano «Proteggi Hong Kong».

«Voglio che tutti tornino a casa sani e salvi - ha spiegato durante la manifestazione una giovane attivista -. Questo è un movimento di lungo termine e abbiamo sempre meno persone pronte a stare in prima linea. Non vogliamo che vengano arrestate o ferite». Obiettivo che anche ieri non si è realizzato e che diminuisce di certo il numero dei giovani pronti a lottare per un futuro non troppo dipendente dal regime cinese. Eppure l'impressione è che la volontà di battagliare ci sia ancora, a distanza di due mesi dall'inizio di questa battaglia.

Per Hong Kong si tratta della peggiore crisi politica da decenni. Secondo uno degli organizzatori delle proteste, Max Chung, che sabato ha contribuito a radunare in piazza migliaia di persone, i cittadini di Hong Kong stanno mostrando la loro determinazione: «La loro schiena si è fatta più dritta per dire di no all'autoritarismo».

E ancora un altro manifestanti: «Così le persone di Hong Kong stanno cercando di dimostrare che si possono fidare gli uni degli altri e che ognuno è al fianco dell'altro.

Commenti